Nazione: Giappone
Anno: 1960
Durata: 107'


Autunno 1960. Si sta festeggiando il matrimonio tra un giornalista, Nozawa, e Reiko, l'uno esponente del movimento studentesco degli anni 50 (Zengakuren), l'altra attuale esponente del movimento. I presenti, vecchi e nuovi militanti, sembrano trarre da ciò motivo di compiacimento per la riconciliazione tra due generazioni, ma è un alibi. Nozawa negli anni '50 si è schierato con i duri del partito comunista, tradendo i suoi ideali e alleandosi con il dogmatico Nakayama. Ma in seguito questi ha sottratto Misako al compagno e da allora i rapporti sono tesi. Il passato è riportato alla luce dai flashback dei partecipanti alla cerimonia, ma non viene sciolto, per le contrastanti versioni dei testimoni. L'esperienza apparentemente rimossa del passato si ripercuote sulla condotta attuale della lotta. Nozawa sembra cercare Reiko per ritrovare una verginit` perduta, Reiko vorrebbe da lui un atteggiamento più partecipe alla sorte dei compagni. Misako nutre un feroce risentimento verso Nakayama e costui vorrebbe far tacere tutto e tutti con un isterico comizio. Ma un frastuono assordante copre le sue parole.

Sergio Arecco in Dizionario universale del cinema, a cura di Fernaldo Di Giammatteo, Editori Riuniti, Roma 1984, p. 707


Nihon no yoru to kiri (1960), che è stato ritirato dalla programmazione dopo soli quattro giorni di proiezione, è oggi al centro di un ampio dibattito. Il film inizia con una scena in cui la cerimonia matrimoniale di una coppia, unita dalla lotta contro il Trattato di sicurezza nippo-americano, viene completamente mandata all'aria. Quale può essere il dramma di due individui che si legano l'uno all'altro? Partendo da un matrimonio nato da una giusta causa, e cioè dalla lotta contro il Trattato di sicurezza, il film smembra implacabilmente la superficiale unit` di questo matrimonio, risalendo fino alle radici delle responsabilit` della coppia: come si sono rapportati alla realt`? Come lo stanno facendo oggi? E così il luogo del matrimonio, in quanto cerimoniale pubblico, deve allora trasformarsi nella scena di una ricerca all'ultimo sangue dove ci si interroga davvero sulle responsabilit` del soggetto rivoluzionario. La logica di tale soggetto e la situazione del 1960 vengono esaminate criticamente e a tale analisi si sovrappone la ricerca della responsabilit` soggettiva del pensiero e dell'azione del movimento di lotta tra il 1950 e il 1955. Oggi, dopo la lotta contro il Trattato di sicurezza, qual è la nostra situazione? Come dobbiamo muoverci? Che tipo di pensiero e di soggetto dobbiamo costruire?
Per mettere in gioco e accertare tutta la nostra forza, per oltrepassare quella cortina di notte e nebbia che vi si frappone, Oshima cerca di penetrare con una lama crudele la nostra coscienza irresponsabile e priva di soggettivit`, con lo scopo di distruggerla alla radice. [...] Tuttavia, proprio per portare avanti fino in fondo quella ricerca del soggetto di cui qui ci stiamo occupando, è necessario che io esprima con chiarezza la mia opinione negativa a riguardo di alcune ambiguit` che Oshima non è riuscito a sciogliere. Il tema della ricerca delle responsabilit` di ciò che è avvenuto nel dopoguerra doveva dare i suoi vividi frutti proprio nella scena finale del film. Oggi, dopo la lotta contro il Trattato di sicurezza, io ritengo che una delle cause soggettive per cui le classi dominate del Giappone non sono riuscite a combattere efficacemente fino in fondo questa battaglia, stia proprio in quel silenzio e in quella immobilit` stupefatta dei personaggi nell'ultima scena del film. Qui, riflettendo sulle confuse esperienze del passato, il segno positivo di un movimento, che tenta con tutte le forze di penetrare il muro interno di quel silenzio, si scontra in una lotta mortale con la coscienza profondamente radicata di un segno negativo, che quel muro cerca invece di edificare. lo, in quell'intervallo di denso silenzio raggelato vedo una crudele situazione che non può aprire la strada alla rivoluzione. E proprio di fronte al violento scontro soggettivo dell'intimo di ognuno di essi, che è la crisi della realt` stessa, ritengo che quel silenzio debba essere condannato senza alcun rimorso.

Matsumoto Toshio, "Kiroku Eiga", n. 12, dicembre 1960


Nihon no yoru to kiri è un film isolato nella storia del cinema giapponese, anche perché in esso Oshima rivela esplicitamente il proprio ardore come militante. Nel descrivere le lotte intestine del movimento studentesco sorte attorno al 1960 tra la sinistra tradizionale e la "nuova sinistra" in connessione con le manifestazioni contro il Trattato di sicurezza nippoamericano, Oshima si schiera dalla parte della "nuova sinistra" e critica violentemente la gestione autoritaria della lotta da parte della sinistra tradizionale.
Fino a quella data, i film che trattavano la lotta di classe tendevano ad occuparsi semplicemente del conflitto tra i lavoratori e i capitalisti. I lavoratori avevano sempre ragione e i capitalisti sempre torto. Il film di Oshima invece gettava spietatamente luce sui meccanismi di controllo e di potere, sui tradimenti e sugli errori commessi all'interno del movimento studentesco. Ciò che sta al centro del conflitto non è la questione della ricchezza e della povert`, come succedeva nei tradizionali "film di sinistra", ma piuttosto il sentimento di disprezzo e il senso di umiliazione di coloro che sono stati soggiogati e spregiati, secondo la logica delle strutture di potere. Il problema veniva affrontato tramite una critica serrata dalla direzione stalinista dei movimenti della sinistra tradizionale.
Questa attenzione di Oshima più all'umiliazione che alla povert`, cioè più ad uno status psicologico che ad uno status sociale, non fa che sviluppare il motivo dominante del suo primo film, Ai to kibo no machi (La citt` dell'amore e della speranza). Ed è d'altronde da collegare alla campagna internazionale della "nuova sinistra" con la quale nel 1960 si chiedeva l'abolizione di ogni discriminazione più di quanto non si promuovessero lotte economiche.
Questo atteggiamento di Oshima la particolare natura della sua attenzione politica lo porta a privilegiare nella propria ricerca gli elementi più oscuri dell'inconscio collettivo delle classi oppresse. Ed è in quella luce che si spiegano anche talune scelte di personaggi dei suoi film successivi: coreani residenti in Giappone, maniaci sessuali, persone cioè che subiscono e vivono nel modo più distorto e più violento l'alienazione e l'umiliazione che caratterizzano la societ` nipponica.
Nihon no yoru to kiri mette in scena le discussioni che hanno luogo tra gruppi appartenenti ad alcune fazioni del movimento studentesco. Nelle scene in cui si assiste alle loro discussioni si ha l'uso frequente di panoramiche molto accentuate, attraverso le quali la macchina da presa che, mettiamo, era rivolta verso il gruppo A, viene repentinamente orientata verso il gruppo B, e poi nuovamente rivolta verso il gruppo A. La ragione per la quale una singola inquadratura viene fatta durare così a lungo dipende dalla volont` del regista di non interrompere il dibattito con l'artificio del montaggio, e di dargli al contrario un senso di continuit` rappresentando visivamente il contrasto tra i gruppi espresso in termini di distanza fisica e temporale.
Ciò che risulta da queste violente panoramiche è una sorta di passione non lontana dalla follia. Panoramiche così violente sono capaci di rovesciare l'immagine di coloro che si vedono sullo schermo in una quasi totale ed intermittente invisibilit`. Apparentemente, un tal genere di immagine, pressoché invisibile, può apparire priva di significato, ma è qui che si iscrive il gesto silente che compie la macchina da presa per fissare sulla pellicola l'incerta risposta che il gruppo B dar` alla domanda del gruppo A. In breve: vi è implicata l'attesa di chi la manovra. Nel caso dei consueti tagli nel montaggio, piani del gruppo B seguirebbero immediatamente quelli del gruppo A. Il gruppo A e il gruppo B si alternerebbero reciprocamente, e così si perderebbe il senso della distanza tra i due. In Ozu Yasujiro, ad esempio, i tagli nel montaggio, durante una conversazione, valgono a mantenere la stessa ampiezza di campo e la stessa angolazione per le varie inquadrature in modo che, grazie ad un uso così attivo di questa perdita del senso della distanza, esse comunicano un senso di familiarit`. In Oshima Nagisa, invece, la rinuncia al montaggio vale in senso opposto a dare il senso della distanza specifica tra le due persone o i due gruppi di persone che si confrontano: servono a fissare esattamente le varie fasi del confronto e del conflitto e, al contempo, il distacco tra uomo e uomo.
Naturalmente, i piani sequenza e le violente panoramiche di Nihon no yoru to kiri non sono il solo elemento caratterizzante; in altri casi la macchina esegue movimenti lenti e pausati. Anche in questi casi tuttavia essa fruga attorno a sé come a cogliere dal vivo il movimento sfuggente delle persone che si spostano e si muovono consapevoli dell'esistenza dei loro oppositori. Tuttavia anche in questo caso la macchina da presa sembra volere restituire integra la logica del dibattito e la dialettica del contrasto: essa, che ha seguito il personaggio A, lo segue in maniera tale da potersi voltare verso il personaggio B il quale all'interno della disputa è l'oppositore di A, e poter quindi con un solo movimento ritornare su A. Anche qui, insomma, i movimenti della macchina da presa sui personaggi tendono a sottolineare sia l'oggetto della disputa sia le persone che vi prendono parte, nell'intento di cogliere le caratteristiche delle persone in movimento così sul piano mentale come su quello fisico.

Sato Tadao, Il rito, la rivolta. Il cinema di Nagisa Oshima, a cura di Enrico Magrelli, Emanuela Martini, Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, Di Giacomo Editore, Roma 1984, pp. 678


Nihon no yoru to kiri, il cui titolo è un omaggio a Nuit et brouillard (Notte e nebbia, 1955) di Alain Resnais, che Oshima aveva molto apprezzato, è stato e resta una data capitale nella storia del cinema giapponese. Sia perché affronta di petto un tema politico ancora scottante, criticando violentemente la sinistra tradizionale "pseudosoggettiva" e sia, fatto strettamente connesso, perché utilizza una scrittura rivoluzionaria, dal momento che Oshima aveva ben compreso che non poteva esserci una rivoluzione ideologica senza una trasformazione radicale del linguaggio cinematografico.
Girato integralmente in piani sequenza (quarantacinque in tutto, ma secondo alcuni quarantatre) e costruito attraverso il rifiuto di una narrazione cronologica e oggettiva, a vantaggio di una struttura frammentata da flashback di una teatralit` volutamente eccessiva e di una volont` ultrasoggettiva, Nihon no yoru to kiri utilizza gi` quella struttura globale che sar` ripresa e perfezionata in Gishiki (La cerimonia, 1971). [...] Tale struttura è di una complessit` estrema (al punto da rendere necessarie diverse attente visioni per coglierne i vari elementi), tanto più che, di flashback in flashback, dove ogni personaggio esprime la propria posizione e la propria esperienza dei diversi avvenimenti, viene alla luce un discorso politico e critico che rivela le responsabilit` dei dirigenti del Partito comunista giapponese dello scacco subito dalla lotta contro il governo filoamericano, e al cui riguardo Oshima invita gli intellettuali (spettatori) a non ripetere lo stesso errore. Oshima dichiara che il vero soggetto del suo film è la politica: "Ho tentato di dar vita a una critica rivoluzionaria del movimento rivoluzionario, mettendo a confronto il movimento degli anni '50 con quello degli anni 60". È senza dubbio a partire da questo film e dalle conseguenze che ne seguiranno che Oshima ha iniziato a nutrire una certa diffidenza a riguardo dell'influenza della politica sul cinema e sull'arte, sforzandosi di separarsene per accedere a una propria autentica coscienza soggettiva, assumendo come temi essenziali il sesso e il crimine, e come metodo empirico il ricorso all'immaginario soggettivo, che soppiantava l'analisi realista e politica.
In un suo precedente articolo, Oshima aveva gi` insistito sulla necessit` dell'utilizzo sistematico del piano sequenza (o "one scene, one shot"), come di un "metodo per non interrompere il flusso di coscienza dell'autore, e per dare maggiore rilievo al tempo reale". Questa tecnica viene accentuata dall'uso di improvvisi effetti di luce, molto teatrali, che evidenziano questo o quell'aspetto della scenografia o dell'azione, e senza che Oshima indichi in altro modo la natura di un flashback. I personaggi guardano e commentano le proprie azioni passate, nello stesso modo in cui essi guardano quelle presenti degli altri protagonisti. Inutile precisare che la Shochiku non avrebbe mai permesso la realizzazione di un soggetto così rivoluzionario così Oshima, sapendo quali rischi correva se avesse rivelato il tenore del suo progetto, fu assai abile a tenere la sceneggiatura segreta fino alla vigilia delle riprese, che furono effettuate in pochi giorni per evitare eventuali rimaneggiamenti della direzione, o addirittura l'interruzione del film. Così Nihon no yoru to kiri non fu realizzato contro la volont` della Shochiku, ma piuttosto a sua insaputa, cosa che rese furiosi i suoi dirigenti.

Max Tessier, Le cinema japonais au présent 1959-1984, Lherminier, Paris 1984, pp. 81-3

Biografia

regista

Nagisa Oshima

Nagisa Ōshima (Tamano, Giappone, 1931 - Fujisawa, Giappone, 2013) è considerato uno dei maestri del cinema giapponese. Esponente della cosiddetta nuberu bagu, ha raccontato le contraddizioni della società nipponica del secondo dopoguerra, in cui il crescente materialismo si affiancava alla rigida osservanza di regole secolari, generando ossimori e conflitti insanabili. Tra i suoi titoli più importanti, Racconto crudele della giovinezza (1960), Il cimitero del sole (1960), Notte e nebbia in Giappone (1960), La cerimonia (1971), Ecco l’impero dei sensi (1976), vero caso mediatico a causa degli espliciti contenuti sessuali, L’impero della passione (1978), premio per la migliore regia a Cannes, e Furyo (1983), vincitore di un Bafta per la migliore colonna sonora. Ha chiuso la carriera con Tabù - Gohatto (1999), presentato in concorso a Cannes. Nel 2009 il Torino Film Festival gli ha dedicato una retrospettiva completa.

FILMOGRAFIA

Seishun zankoku monogatari (Racconto crudele della giovinezza, 1960), Taiyō no hakaba (Il cimitero del sole, 1960), Nihon no yoru to kiri (Notte e nebbia in Giappone, 1960), Etsuraku (Il godimento, 1965), Muri shinju: Nihon no natsu (Japanese Summer: Double Suicide, 1967), Koshikei (Death by Hanging, 1968), Gishiki (La cerimonia, 1971), Ai no korīda (Ecco l’impero dei sensi, 1976), Ai no bōrei (L’impero della passione, 1978), Merry Christmas Mr Lawrence (Furyo, 1983), Max mon amour (Max amore mio, 1986), Gohatto (Tabù - Gohatto, 1999). 

Cast

& Credits

Regia: Oshima Nagisa.
Sceneggiatura: Oshima Nagisa, Ishido Toshiro.
Fotografia: Kawamata Ko (Scope/Eastmancolor).
Luci: Sato Isamu.
Scenografia: Uno Koji.
Montaggio: Uraoka Keiichi.
Musica: Manabe Riichiro.
Suono: Kurita Shujuro.
Assistente alla regia: Ishido Toshiro.
Interpreti e personaggi: Watanabe Fumio (Nozawa Haruaki, giornalista, ex militante del movimento studentesco degli anni '50), Kuwano Miyuki (Reiko Harada, sua moglie, partecipa al movimento studentesco del 1960), Tsugawa Masahiko (Ota, uno dei leader del movimento del 1960, amico di Reiko, ricercato dalla polizia), Ajioka Toru (Kitami, militante del 1960, amico di Reiko), Sakonju Hiroshi (Takao, militante degli anni '50, scomparso), Hayami Ichiro (Takumi, militante degli anni '50), Toura Mutsuhiro (Ura Higashi, militante degli anni '50), Akutagawa Hiroshi (Udagawa, assistente universitario, intermediario del matrimonio), Ujiie Shinko (sua moglie), Yoshizawa Takao (Nakayama Katsuhiko, ex militante, presentatore del banchetto di nozze, compagno di universit` di Nozawa), Koyama Akiko (Nakayama Misako, sua moglie, amica di Nozawa), Yamakawa Osamu (Kawasaki, studente, amico di Reiko e compagno di Ota), Nihei Kotchi (Ono, compagno di Ota).
Produzione: Ikeda Tomio per Shochiku Ofuna.
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