Nazione: Italia
Anno: 1947
Durata: 80'


Una cooperativa di contadini ha preso in affitto certe tenute, nel Ravennate, che i ricchi (e invisibili) proprietari hanno ceduto malvolentieri, con loschi progetti nel cuore. Il giorno stesso in cui la cooperativa dovrebbe versare ai proprietari i quattro milioni dell'affitto, si rivelano le perfidie e si inizia la storia. Un camioncino va in città a rilevare presso la banca un prestito di quattro milioni. L'autista che lo guida e il ragioniere che custodisce in una busta di pelle il denaro, offrono un passaggio a due freschi sposi, Massimo Girotti e Carla Del Poggio,i quali dovrebbero altrimenti rincasare a piedi. A met` viaggio, assalto dei banditi. Si tratta di una banda ben costituita, detta "del Tedesco". La dirige infatti, apparentemente, un gigante biondo. In realtà, l'ispiratrice di ogni azione è Vivi Gioi, repubblichina, rapata a zero o quasi, per l'occasione. Luogotenente del Tedesco è Andrea Checchi, un reduce dalla prigionia, sbandato, incapace di rifarsi un'esistenza. Scontro. Spari. Morte dell'autista e del cassiere. Ratto di Carla Del Poggio e del denaro. Girotti, unico superstite, ha fatto in tempo a riconoscere, in Checchi, un suo antico compagno d'armi. Fuga della banda. Girotti corre ad avvertire la cooperativa, che si trova rovinata perché i proprietari, se non incasseranno i denari dell'affitto, sequestreranno le scorte vive, le macchine agricole, ogni cosa. Si chiama il Maresciallo dei carabinieri, il quale, desolato, non può intervenire,dispone di tre agenti ciclisti e gli ci vorrebbero cinquemila persone,mezzi di trasporto veloci, armi, per braccare e bloccare efficacemente la "banda del Tedesco". I contadini sanno di esser assai numerosi, perfettamente solidali, e, usando vecchi telefoni, campane, segnali antichi e remoti, danno l'allarme a tutte le cooperative dei dintorni.Comincia la caccia.
Si può dire che il film comincia qui. Scandita dal ritmo delle canzoni "rosse" spagnuole, la caccia si allarga nella campagna, assume una lenta, irresistibile violenza, culmina nella cattura. Sarà il Tedesco a morire per primo. Andrea Checchi e Vivi Gioi, asserragliati in una casa solitaria, avranno il tempo per un colloquio d'amore e di vendette. Checchi, innamoratissimo, scoprirà che Vivi non agiva semplicemente per assecondare la banda, ma piuttosto per obbedire agli ordini dei proprietari e la uccide, per castigare in lei una macchinazione di classe, un tradimento sociale. Poiché gli si sono aperti gli occhi, poiché un reduce merita ogni comprensione, poiché ha reso, intatte, Carla Del Poggio e la borsa del danaro, i contadini gli perdoneranno e lo lasceranno allontanarsi, buttandogli dietro manciate di terra, che ricorderanno, in parti uguali, il lavoro dei campi ed il lavoro dei cimiteri.

"Film rivista", n. 13, 30 luglio 1947


Con Caccia tragica De Santis parte dalla idea eisensteiniana del cinema inteso come la rappresentazione di un conflitto in una idea e cerca di applicare questa idea e quindi il contenuto tematico del soggetto nella costruzione dei "western". Soprattutto dalla impossibilità di applicare un contenuto nuovo ad una forma vecchia, o viceversa, deriva la frammentariet` del film come narrazione, come sviluppo di fatti, di situazioni e di temi collaterali: dai quali, nella collisione con quello principale, nasceva appunto il conflitto. Comunque Caccia tragica risulta singolare, in esso gli elementi passivi (la frammentariet` accennata, certi schematismi e personaggi troppo caricati, certe situazioni e dialoghi troppo letterari) sono minori in confronto a quelli positivi.

Guido Aristarco, "Cinema", n. 24, 15 ottobre 1949


Gli ideali proletari, che da un racconto, come questo, frettoloso, saltano fuori con evidenza anche eccessiva di propaganda, sono celati poi con estrema accortezza. Non c'è divisione irritante di "buoni" e "cattivi". Non si vedono i padroni a mensa imbandita ed i lavoratori con il tozzo di pane in pugno. Gli sceneggiatori prima, il regista De Santis poi, hanno dato la misura di uno straordinario buon gusto, che pone in risalto anche maggiore la drammaticità degli eventi.

Irene Brin, "Film rivista", n. 13, 30 luglio 1947


Scenario della lotta è la pianura padana, i fiumi e la terra su cui la caccia si dispiega, scandita dai rintocchi di campana, animata da mille presenze contadine che la percorrono in bicicletta, chiuse nei loro mantelli scuri. Ma vi è anche uno scenario concentrato, quello in cui va in scena il discorso politico più che l'azione avventurosa, ed è l'aia della cascina su cui volteggia con movimenti inauditi la gru di De Santis. L'aia come set cinematografico: e quella gru, la prima gru del cinema italiano del dopoguerra, era l'unica esistente allora in Italia, l'ultima rimasta della sfasciata organizzazione di Cinecittà [...].
Ma il banditismo ha soprattutto cause sociali, ed in ogni caso il male ha il volto del fascismo, della guerra. È un male duro da estirpare, che marchia le persone. Alberto e Michele hanno sul polso il marchio dei lager dove sono stati, Lilì Marlene è stata rapata come collaborazionista e colui che l'ha rapata, Giuseppe, ha sulla fronte una cicatrice che lei gli ha lasciato. Giovanna, presa in ostaggio, ha uno strappo della camicetta sul petto e un graffio che le deturpa la scollatura così allargata; nella cascina molti sono rimasti mutilati dalle mine disseminate ovunque. Ma appunto marchiata e malata è soprattutto la terra: le mine continuano a esplodere sollevando la terra in grandi spruzzi, ritmando lugubremente la caccia e il film, impedendo che la terra ridiventi feconda.

Alberto Farassino, Giuseppe De Santis, Moizzi, Milano 1978

Biografia

regista

Giuseppe De Santis

Giuseppe De Santis (Fondi 1917 - Roma 1997) comincia a occuparsi di cinema negli anni '40 come critico, sceneggiatore e aiuto di Luchino Visconti in Ossessione (1942). Partecipa alla Resistenza romana e, nel 1946, collabora con Aldo Vergano per Il sole sorge ancora. Nel 1947 esordisce nella regia con Caccia tragica e, due anni dopo, firma il suo capolavoro Riso amaro. Nel 1950 è la volta di Non c'È pace tra gli ulivi, girato nel Lazio e ideale continuazione del film precedente. Successivamente firma Roma ore 11, uno dei suoi maggiori successi internazionali. In Jugoslavia realizza La strada lunga un anno (1958), mentre si reca in Unione Sovietica per Italiani brava gente (1964), uno dei suoi lavori più emozionanti. Dopo un lungo silenzio, partecipa alle riprese di Oggi è un altro giorno (1995).

FILMOGRAFIA

Caccia tragica (1947), Riso amaro (1949), Non c'È pace tra gli ulivi (1950), Roma ore 11 (1951), Un marito per Anna Zaccheo (1953), Giorni d'amore (1954), Uomini e lupi (1956), La strada lunga un anno (1958), La garÁonniÈre (1960), Italiani brava gente (1964), Un apprezzato professionista di sicuro avvenire (1972), Oggi è un altro giorno (1995).

Cast

& Credits

Regia: Giuseppe De Santis.
Soggetto: Giuseppe De Santis, Carlo Lizzani, Lamberto RemPicci.
Sceneggiatura: Michelangelo Antonioni, Umberto Barbaro, Giuseppe De Santis, Carlo Lizzani, Cesare Zavattini.
Fotografia: Otello Martelli.
Scenografia: Carlo Egidi.
Soggetto: Anna Gobbi.
Musica: Giuseppe Rosati, diretta da Ferdinando Previtali.
Montaggio: Mario Serandrei.
Interpreti e personaggi: Vivi Gioi (Daniela, detta Lilì Marlene), Andrea Checchi (Alberto), Carla Del Poggio (Giovanna), Massimo Girotti (Michele), Vittorio Duse (Giuseppe), Checco Rissone (Mimi), Umberto Sacripante (lo zoppo), Alfredo Salvadori e Folco Lulli (i due fattori), Michele Riccardini (maresciallo), Eugenia Grandi (Sultana), Piero Lulli (autista), Guido Della Valle (il Tedesco), Ermanno Randi (Andrea), Massimo Rossini (il Camoscio), Enrico Tacchetti (il ragioniere), Carlo Lizzani (reduce che tiene un comizio)
Produzione: Giorgio Agliani per ANPI.
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