Nazione: URSS
Anno: 1961
Durata: 100'


Tornato dal fronte, Kuz'ma Kuz'mic è una specie di relitto umano: senza famiglia, solo, sbandato, ubriacone. In ospedale comincia a invidiare quelli che ricevono la visita dei parenti, dei figli. Viene a sapere che una ragazza, Natasha, rimasta orfana in guerra, è convinta che il padre sia ancora vivo e lo cerca accanitamente. Kuz'ma Kuz'mic decide di farsi passare per il padre di Natasha, e va a stare con lei, in un kolchoz. Kuz'ma Kuz'mic per un po' di tempo continua a comportarsi come un fannullone, beve, non si impegna sul lavoro. Ma a poco a poco il contatto con la dolcezza e la sincerit` di Natasha lo trasforma, e, ricordandosi del suo vecchio lavoro di meccanico, riprende una vita normale, felice. Ma dalla polizia arriva per Kuz'ma una busta, Sar` smascherato il suo inganno?

Notevole interesse riveste l'attivit` di Lev Kulidzanov: vero è che il primo film diretto da lui dopo la separazione con Seghèl', Otcij dom (La casa paterna, 1959), sciupa alcune finezze di regia e un'impostazione di un certo interesse (i rapporti fra una ragazza di citt` e la madre contadina ritrovata dopo tanti anni in un colcos), in un contesto semplicistico, in uno scenario sciatto e sbagliato, comportante le solite soluzioni affrettate ed edulcorate (scoperta della nobilt` della gente semplice, glorificazione del "lavoro oscuro") e i soliti sviluppi narrativi ultraprevedibili. Ma gi` in questo film, che vale come prova generale delle capacit` di Kulidzanov, il regista si dimostra il vero continuatore di quella linea cechoviana faticosamente recuperata tra le righe di La casa dove abito: basterebbe la segreta genuinit` di certi brevi trapassi, come quello in cui la contadina non più giovane, ma ancora vigorosa, con un meraviglioso grossolano candore chiede al presidente del colcos che l'ha sempre considerata solo un'efficiente lavoratrice un po' d'amore. Kulidzanov dovette avvertire l'occasione mancata, dovette sentire la necessit` di perfezionare quella linea, tanto che rifece praticamente il film sulla scorta di uno scenario più intelligente e originale, in Kogd` derev'ja byli bol'simi (Quando gli alberi erano grandi, 1961).
Il nodo drammatico della Casa paterna restava identico, ma si precisava in forme più approfondite e libere, con notevoli spostamenti, Qui è un sedicente padre, un povere rottame umano senza casa, che va a stare in compagnia della presunta figlia, e che gradualmente ritrova una ragion d'essere nella convivenza con quella dolce ragazza sola. Sin dalle prime immagini con la presentazione del protagonista che si trascina per i pub e i tetri cortili di una Mosca inedita, il film impone perentoriamente il proprio diritto a un discorso autonomo, che scavalca le formule, per rinvenire l'umanit` e la verit` di un sondaggio insieme duro e pietoso, dentro un mondo, una comunit`, un'anima. Non sempre Kulidzanov sa sfrondare e semplificare: almeno un terzo del film introduce vicende e personaggi non essenziali, come la storia d'amore della protagonista; e rischia di dissipare il centro dell'opera in sia pure attendibili e brillanti digressioni. Ma dove Kulidzanov riesce ad attenersi al tema, l` è un'analisi incomparabilmente fragrante, che trattiene la facile lusinga poetica, espandendo la tenerezza commossa e illuminata dell'autore nell'estrema sensibilizzazione di ogni gesto e di ogni oggetto, e, a tratti, nella ombrosa trasparenza dei toni fotografici. In bilico fra tragedia e languore, nel film di Kulidzanov i personaggi si sostanziano di una piccante sensibilit`, e ogni atto quotidiano, ogni umile "presenza" significa testimonianza di vibrazioni inappagate, di palpiti segreti e inafferrabili, così un pianto sommesso del buio, come il sapore di pulito delle lenzuola, uno scorcio di campagna, un lume. Quando gli alberi erano grandi, che quasi sempre rifugge dallo schema didascalico, risultandone tanto più morale, usciva in una stagionechiave, insieme a Nove giorni di un anno, L'infanzia di Iv`n, L'uomo segue il sole.

Giovanni Buttafava, Il giovane cinema sovietico, " Bianco e nero", n. 11, novembre 1966

Biografia

regista

Lev Kulidzanov

Lev Aleksandrovic Kulidzanov è nato a Tblisi nel 1924. Allievo di Sergej Gerasimov al VGIK, si diploma in regia nel 1954. Insegna al VGIK. È stato primo segretario dell'Unione dei Cineasti e deputato al Soviet supremo.

FILMOGRAFIA

1954: Damy (Le dame) co-regia B. Oganesjan; 1956: Eto nacinalos' tak (Cominciò così), co-regia J. Segel' 1958: Dom v kotorom ja zivu (La casa dove abito), co-regia J. Segel; 1959: Octij dom (La casa paterna), Poterjannaja fotografija (La fotografia perduta); 1961: Kogda derevja byli bol'symi (Quando gli alberi erano grandi); 1964: Sinjaja tetrad' (Quaderno azzurro), Fitil' n. 8 (Miccia n. 8), cm; 1970: Prestuplenie i nakazanie (Delitto e castigo); 1975: Zvezdnaja minuta (Un minuto stellare); 1979: Karl Marks. Molodye gody (Karl Marx. Gli anni giovanili).

Cast

& Credits

Regia: Lev Kulidzanov.
Soggetto e sceneggiatura: Nikolaj Figurovskij.
Fotografia: Valerij Ginzburg.
Musica: Leonid Afanas'ev.
Suono: D. Belevic.
Scenografia: Pëtr Galadzev.
Montaggio: N. Loginova.
Interpreti e personaggi: Inna Gulaja (Natasha), Jurij Nikulin (Kuz'ma Iordanov), Leonid Kuravlëv (Len'ka), E. Mazurova (Anastasija Borisovna), Vasilij Suksin (presidente del Koichoz), Ljudmila Cursin` (Zoja), E. Koroleva (Njurka).
Produzione: Studi cinematografici Gor'kij (Mosca).
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