2° FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA GIOVANI
Anteprime 1984

THE BROTHER FROM ANOTHER PLANET

THE BROTHER FROM ANOTHER PLANET

Nazione: USA
Anno: 1984
Durata: 102'


Inseguito da cacciatori di taglie spaziali un extraterrestre naufraga con la sua navicella vicino a Ellis Island, dove una volta venivano messi "in quarantena" gli emigranti che arrivavano dall'Europa. In realt` l'extraterrestre (The Brother) è del tutto simile ad un negro, salvo per un ridicolo piede con tre dita.
Dopo una traumatica esperienza durante la quale ode le voci dei milioni di persone che l'avevano preceduto, "The Brother" riesce ad arrivare ad Harlem, dove viene scambiato per un qualsiasi afroamericano. Così accade anche ai clienti di un bar che in qualche modo si interessano a questo strano personaggio che non parla, non si sa da dove arrivi e che con loro grande meraviglia sa riparare videogame col semplice tocco di una mano. Sam, un assistente sociale pure lui frequentatore abituale del bar, gli trova un lavoro e lo ospita a casa sua. Ma sulle tracce di "The Brother" compaiono due altri extraterrestri bianchi che evidentemente seguono le sue tracce per catturarlo e riportarlo da dove è fuggito. La comunit` nera li ostacola in tutti i modi, mentre "The Brother", fra molte altre avventure, segue una pista che lo porta a distruggere una organizzazione dedita allo spaccio di eroina nei quartieri poveri. Nello scontro finale i due cacciatori di taglie hanno la peggio e scompaiono mentre gli altri neri pur consci del fatto che "The Brother" proviene da un altro pianeta accettano l'extraterrestre nella loro comunit` di emarginati.

Qual è il tuo background? Dove sei nato?
Sono nato e cresciuto a Schenectady, New York, una citt` industriale. Il tipo di citt` che è cresciuto e si è sviluppato contemporaneamente all'ingrandirsi della fabbrica della General Electric.

Il tipo di citt` di provincia che si vede in Baby It's You?
All'incirca... Una delle ragioni per cui io e Amy Robinson siamo riusciti a collaborare così bene sulla storia di Baby It's You è che lei è solo due anni più vecchia di me ed è cresciuta a Trenton, New Jersey, che assomiglia parecchio a Schenectady. A Schenectady c'erano tanti cattolici italiani, irlandesi, polacchi qualche ebreo e un venti/trenta per cento di popolazione nera. Un vero crogiuolo etnico, insomma. Quasi tutti lavoravano per la GE e c'era di conseguenza una notevole attivit` sindacale, si sentiva parlare di sciopero spesso. Il liceo che ho frequentato era decisamente misto dal punto di vista etnico, razziale e di classe. C'erano ragazzi molto ricchi e altri poverissimi, che si distinguevano a colpo d'occhio. È una delle peculiarit` della scuola in America in confronto alla Gran Bretagna, per esempio, dove il sistema scolastico è gi` di per sé un sistema di segregazione. lo ero in classe con ragazzi che quasi non parlavano l'inglese e i cui genitori non lo parlavano affatto, e si poteva indovinare di che generazione di immigrati erano dall'intensit` del loro accento. Era il tipo di background utile per la mia vita di scrittore per il tipo di storie che volevo scrivere: molte differenti influenze in un unico posto. Poi sono andato all'universit` e mi sono laureato in psicologia non in inglese perché non avevo voglia di leggere libri che avessero più di ottanta anni. I corsi di cinema che ho frequentato non erano tecnici, ma critici. Li teneva Charles Samuels, che adesso è morto, e che allora scriveva per "American Scholar". Erano corsi interessanti e si vedevano un sacco di film, soprattutto.
Penso di essermi interessato prima alla TV e al cinema che ai libri perché avevo visto molta TV e molti film prima di leggere molto libri.

Come hai cominciato a fare lo sceneggiatore?
È stato ai tempi dell'universit` che ho deciso di fare del cinema. Non c'era una via standard per diventare regista e così ho immaginato che per me il modo più semplice sarebbe stato di iniziare come sceneggiatore. A quel tempo gi` scrivevo racconti che venivano pubblicati. Inoltre era il periodo in cui il lavoro di sceneggiatore era diventato uno dei più stabili di tutta l'industria cinematografica: gli studios non facevano più contratti decennali con le star ma con gli sceneggiatori si e molti avevano prima o poi la chance di dirigere un film sceneggiato da loro. Così era capitato a Walter Hill e sarebbe capitato a Larry Kasdan, Nick Meyer, Michael Chrichton.

Come regista hai lavorato sia per le major che da indipendente. Oggi dici che vuoi fare solo i film che ti interessano. Qual è il prezzo che devi pagare per essere un autore indipendente in America?
Uno dei maggiori problemi quando lavori per Hollywood è che a meno di casi eccezionali non hai controllo sul casting. E d'altra parte quando cerchi di finanziare un film indipendente i tuoi finanziatori ti chiedono lo stesso Jane Fonda come protagonista per garanzia. Comunque c'è un compromesso tra i vantaggi di produzione che ti offre Hollywood e la mancanza di controllo sul prodotto finale. È quasi impossibile averli entrambi. Molti non hanno né l'uno né l'altro. Per quello che mi riguarda non posso lamentarmi. Il mio vantaggio è che le cose che scrivo per dirigerle io stesso richiedono un budget che posso procurarmi da solo o con i fondi personali o scrivendo sceneggiature. Ogni tre anni, per esempio, posso disporre di 300.000 dollari perfareunfilm low budget. Molti altri indipendenti non possono permetterselo. Il punto è che devo scrivere una storia tenendo costantemente presente il budget. È una limitazione che si può facilmente trasformare in una cosa positiva: come un poeta che scrive dovendo seguire certe regole metriche. Senza contare gli standard stabiliti dal mercato, per cui un film deve durare non meno di ottanta minuti e non più di due ore, altrimenti nessun esercente te lo programma. Mentre puoi agevolmente scrivere un romanzo di 100 pagine o uno di 500.

È una delle cose che più apprezzo nel tuo lavoro, che sai adattarti alle necessit`.
Sì, nella misura in cui le necessit` stesse ti forniscono delle idee, come capita a un regista che cambia genere perché è stimolato dalle sue convenzioni, non tanto dalla sua libert`. (…)The Brother from Another Planet è nato soprattutto dal mio desiderio di girare un film su uno straniero ad Harlem, perché Harlem ha un grande significato metaforico per i negri d'America. Anche se è un ghetto, è una citt` di neri, qualcosa di diverso. Fino a non molto tempo fa l'aspirazione di quasi tutti i neri era di andare ad Harlem, perché c'era la "vita". Come chi va a Hollywood per "fare del cinema" anche se poi non varca mai la porta di uno studio. Poi le idee su Brother from Another Planet si arricchirono soprattutto pensando agli attori, da Joe Morton a Carolyn Aaron. II personaggio di Randy Sue l'ho inventato solo perché esisteva lei per interpretarlo. Sì, le limitazioni del budget ti possono stimolare a nuove idee. Ma ho anche dei progetti che non posso realizzare perché costerebbero troppo e onestamente non posso andare da un finanziatore e garantirgli che recuperer` i soldi investiti. Questo è il principio base che adotto per trovare i soldi: la quasi certezza che il film copra almeno le sue spese. Finora è stato così. (…)

Una delle costanti dei tuoi film è la conquista dell'esperienza da parte dei protagonisti.
Penso che la fiction sia soprattutto cambiamento del personaggio e sviluppo della conoscenza. Anche se nel mio cinema cerco di mantenere una forte connessione documentaria tra lo schermo e la vita reale. Lo stesso Brother from Another Planet, anche se è una fantasia, è una specie di documentario. Per me la fiction al cinema significa comprimere in una situazione drammatica un certo flusso di vita che potrebbe essere raccontato da un documentario molto più lungo. Teoricamente si potrebbe fare un Secaucus Seven ogni anno. Per questo nessuno muore all'inizio o alla fine, come in The Big Chill. Non credo che gli anni sessanta siano morti. Molti di quelli che avevano una coscienza politica allora ce l'hanno ancora adesso. Non mi interessava realizzare una di quelle storie "moderne" in cui alla fine si capisce che qualcosa è cambiato per sempre. Mi interessava mostrare un pezzo di un continuum. (…) Così anche "The Brother" è sfuggito ai suoi inseguitori extraterrestri, ma dovr` fare i conti con i problemi quotidiani di sopravvivenza ad Harlem.

Intervista realizzata da Davide Ferrario, Cannes, maggio 1984.

Cast

& Credits

Regia e sceneggiatura: John Sayles.
Fotografia (colore): Ernest Dickerson.
Musica: Mason Daring.
Scenografia: Steve Lineweaver.
Montaggio: John Sayles.
Interpreti: Joe Morton (il fratello), Darryll Edwards (Fly), Steve James (Odell), Leonard Jackson (Smokey), Bill Cobbs (Walter), Tom Wright (Sam), Caroline Aaron (Randy Sue), John Sayles e David Strathairn (gli extraterrestri), Dee Dee Bridgewater (Malverne Davis).
Produzione: Peggy Rajski e Maggie Renzi.
Distribuzione: Affinity Enterproses, 330 West 42nd Street, New York, NY 10036.
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