38° Torino Film Festival

Video INTERNAZIONALE DOC

Una vita segnata dal vagabondaggio. Un personaggio che non ha lasciato indizi o mappe da seguire. Niente che riporti qualcosa su di lui. Le sue opere non avevano copioni ed esistevano solo nella fugacità del momento. Jorge Bonino era un artista non classificabile. Ha conquistato l’Europa senza interprete, usando un linguaggio inventato che tutti capivano. Un amico immaginario ha mappato le tracce che il suo corpo ha lasciato nello spazio, attraverso le storie di una vita possibile.

Talcum, Kentucky orientale, remota area rurale degli Appalachi dove la gente si sente poco americana. Brian Ritchie e la sua famiglia vivono da decenni in questa zona, un tempo terra di fiorenti miniere. Anno dopo anno, hanno visto svilupparsi un mix esplosivo di declino economico, disastro ecologico e violenza sociale. Li chiamano “hillbillies”, cioè bifolchi o zotici montanari, un insulto diventato per molti un segno identitario. Tra questi lo stesso Brian, che vive intrappolato tra un passato mitico e un futuro senza prospettive. È uno degli ultimi testimoni di un mondo che sta scomparendo e che, proprio per questo, ispira la sua poesia.

Tammy è la madre di Derick; ma anche Bruna, Chiva e Ana lo sono. Il film racconta la vita di queste quattro donne che, insieme, crescono Derick, un bambino di nove anni. Lesbiche, bisessuali, non monogame e anarchiche, le mamme di Derick costruiscono la casa dove crescere il proprio figlio in una foresta sulla costa meridionale del Brasile, nonostante le minacce di sfratto da parte della polizia. Tutti insieme cantano e suonano in un film che utilizza due stili apparentemente inconciliabili: il documentario d’osservazione e il musical.

K. parte per il Levante colonizzato muovendosi nel tempo e nello spazio verso le zone dove si combattono i nuovi conflitti anti-coloniali, in costante conversazione con persone da tutto il mondo. Riceve lezioni sull’agro-ecologia e sull’autogoverno, sulle energie sostenibili e su una possibile educazione al di fuori di un’ottica statalista. Ispirato alla storia siriana prima della creazione degli stati-nazione e dopo il parziale ritiro del governo dalle aree resistenti, il viaggio di K. racconta esperimenti sociali che possono diventare manuali per le generazioni future.

Una giovane donna che lavora come custode in una prigione del Madagascar trascorre le giornate sognando a occhi aperti il padre, scomparso diversi anni prima dopo aver ucciso il suo stesso fratello. Nell’immaginazione della donna, l’uomo si trasforma in un killer leggendario che vaga per il paese e che tira dadi magici per decidere la sorte delle sue vittime. In segreto la donna spera un giorno di vederlo comparire tra i prigionieri, ma quando un nuovo detenuto sostiene di conoscerlo veramente, le sue fantasie si trasformano in incubi.

Abbandonandosi al proprio mondo fatto di miti, incontri avventurosi e riflessioni sulla realtà che lo circonda, Beto mostra allo spettatore un luogo affascinante: l’ignoto. Un villaggio messicano entra in relazione con Shakespeare; alcune leggende locali con le tragedie romantiche; la vita contemporanea con la storia passata. In un simile percorso, l’amore resta un concetto fondamentale e la cura di sé stessi si rivela indissolubilmente legata alla cura dell’altro. Dopo Ocean (2014) e Wind (2016), Tamara Drakulić torna al Torino Film Festival con un documentario dal sapore magico e antropologico.

Somi e suo marito Sukhram si sono conosciuti giovanissimi, mentre combattevano tra le file del gruppo maoista dei Naxaliti, che fin dagli anni 60 rivendica i diritti delle comunità tribali indiane. Qualche anno fa hanno abbandonato il movimento e si sono arresi alla polizia. Ora vivono in una colonia costruita insieme ad altri ex compagni, ma lo status sociale di combattenti arresi sta coinvolgendo i loro figli, compromettendone il futuro: nonostante Somi e Sukhram cerchino di garantire loro la migliore educazione possibile, i loro ragazzi sono esposti a costanti rischi.

In Francia un ricercatore di Haiti cerca di leggere il passato attraverso lo studio stratigrafico del calcare giurassico. Contemporaneamente, ad Haiti, un gruppo di giovani attori traduce e prova Monsieur Toussaint, una pièce teatrale scritta da Édouard Glissant nel 1961. L’opera racconta gli ultimi giorni di vita di Louverture Toussaint, il rivoluzionario haitiano morto nel 1803 in esilio in una prigione sulle alpi francesi. Durante lo spettacolo gli attori iniziano a essere posseduti dai personaggi che interpretano, e alla fine il fantasma di Tossiamo si unisce alla compagnia e li guida in un viaggio verso un nuovo esilio.

Menu