Nazione: Italia
Anno: 1943
Durata:


Giacomo, un giovane professore caduto in miseria, e la sua fidanzata Celestina (un'orfana cresciuta presso la famiglia di lui) trovano lavoro e alloggio nel castello di un vecchio conte, il cui figlio violenta la ragazza sorprendendola nel sonno. Per tacitare lo scandalo, la contessa allontana Celestina. Questa, struggendosi d'amore e di nostalgia per il fidanzato, riprende la via del castello ma, sorpresa da una tormenta di neve, muore tra le braccia di Giacomo.
(Francesco Savio, Ma l'amore no, Sonzogno, Milano 1975)


Biografia

regista

Alberto Lattuada

Alberto Lattuada (Milano, 1914), figlio di un noto compositore, studia architettura e si dedica all'attività di critico d'arte e cinematografico. Negli anni '40 fonda, insieme con Gianni Comencini e Mario Ferrari, la Cineteca Italiana di Milano. Collabora come sceneggiatore a Piccolo mondo antico (1941) di Mario Soldati e a Sissignora (1941) di Ferdinando Maria Poggioli. Esordisce nella regia con Giacomo l'idealista (1942), seguito poi da La freccia nel fianco (1945). Con la Lux realizza alcuni dei più importanti film del dopoguerra, come Il bandito (1946) e Il mulino del Po (1949). Nel 1951 dirige con Federico Fellini Luci del varietà. La spiaggia appartiene ad uno dei generi più amati da Lattuada, quello della satira di costume.

FILMOGRAFIA

Giacomo l'idealista (1942), La freccia nel fianco (1945), Il bandito (1946), Il delitto di Giovanni Episcopo (1947), Senza pietà (1948), Il mulino del Po (1949), Luci del varietà (1951), Anna (1952), Il cappotto (1952), Amore in città (1953), La lupa (1953), La spiaggia (1953), Scuola elementare (1954), Guendalina (1957), La tempesta (1958), Dolci inganni (1960), Mafioso (1962), Don Giovanni in Sicilia (1967), Fraulein Doktor (1969), Venga a prendere il caffè… da noi (1970), Sono stato io (1973), Le farò da padre (1974), Cuore di cane (1976), La cicala (1980), Cristoforo Colombo (tv, 1985), Una spina nel cuore (1986).

Dichiarazione

regista

A Milano c'era il gruppo di "Corrente", formatosi attorno ad Ernesto Treccani. C'erano Dino Del Bo, Sereni, Ferrata, Anceschi, e parecchi altri. I collaboratori furono tantissimi, non li ricordo neanche tutti, da Timpanaro a Bingongiari a Remo Cantoni a Trombadori, a Guttuso coi disegni... una quantità, un po' da Roma, da Firenze, un po' a Milano. E anche Luigi Comencini. La fronda fatta da "Corrente" era fatta, si può dire, a punte di spillo. Eravamo sotto un regime tale per cui bastava scoprirsi un po' di più e il numero veniva sequestrato, fermato il giornale. Avevamo ogni tanto piccole disavventure. C'erano telefonate tra Treccani padre e Ciano, che esercitava leggermente una specie di piccolo contraltare. Bottai da una parte proteggeva "Primato" e altre riviste, così Ciano lasciava correre qualche cosa, tra cui "Corrente". Una cosa trasparente e leggera che non toccava il regime, che però alimentava quel sottostrato di opinioni che a poco a poco ha preparato un'opposizione vera e propria, e quindi ha preparato il terreno per un grave dissenso, sfociato nella guerra popolare, nella Resistenza.
Mio padre era musicista, autore di opere per la Scala. Di lì, dalla Scala, mi veniva voglia di essere il regista che muoveva luci e persone, e nello stesso tempo, essendo l'opera già una rappresentazione d'élite, e non più una rappresentazione popolare come quando a Milano e'erano sette, otto, dieci teatri d'opera, ed essendo il cinema nel suo scoppio mondiale di attrazione sulle masse, io naturalmente mi sono detto che dovevo fare il cinema che lo spettacolo veramente popolare mondiale, per dire quello che all'artista vien voglia di dire, era il cinema. Così è nata la Cineteca di Milano, come amore per il film, così è venuto spontaneo il lavoro di critica cinematografica e, dopo, queste attività cui era associato Comencini, quando abbiamo fatto una grande mostra del cinema alla triennale di Milano.
Questa mostra culminava in una settimana di proiezioni, a sua volta culminata nella serata in cui abbiamo osato proiettare La grande illusione di Renoir, in un periodo di tensione politica fortissima. Per Milano transitavano gli ebrei che venivano dalla Polonia e andavano a imbarcarsi a Genova per sfuggire alle persecuzioni, l'Italia non era ancora in guerra, ma a due passi dalla dichiarazione di guerra. Il pubblico presente fece un tale applauso alle note della Marsigliese che qualsiasi regime intelligente avrebbe dovuto capire, da piccoli episodi come questo, quanto sarebbe stato impopolare la guerra contro la Francia! Io avevo avuto l'accorgimento di fare un manifesto dove in alto compariva: "Gruppo Universitario Fascista, Federazione Fascista di Milano". Quando era venuto qualcuno per visionare il film prima della proiezione, mi ero difeso dicendo che era stato dato a Venezia, ufficialmente, dove c'era Freddi, e che riguardava la guerra del '14, e quindi la censura non l'aveva visto.
La Marsigliese fu un fiammifero esplosivo, e in sala alcuni si misero a cantare Giovinezza tra le grida di protesta della gran maggioranza del pubblico. E allora, poco dopo, è venuto uno e mi ha detto: "Scappa, nasconditi dove vuoi, ma scappa, perché verranno ad arrestarti". Io mi sono nascosto nel palazzo della Triennale stesso, in mezzo agli attrezzi, perché conoscevo benissimo i meandri della Triennale, e ci ho passato la notte. La mattina dopo sono venuti a dirmi che la cosa si stava smontando, perché ci sarebbe andato di mezzo il federale, per via del manifesto ufficiale di cui ho citato l'intestazione. (...)
In quel tempo si poteva fare il cinema a Torino, a Milano, a Napoli con Lombardo... Non solo a Roma. Giacomo l'idealista lo girai alla FERT di Torino, negli studi di Borghesio, che poi era anche regista, e del fratello. A Torino c'era questa ragazza, Marina Berti, che faceva la piccola mannequin per La Merveilleuse, e fu il conte Bonzi, che poi sposò la Calamai, a suggerirci questa ragazza come adatta al mio film. L'ho vista, le ho fatto un provino. A Roma la produzione non la voleva: "Come? Debuttante Ponti come produttore, debuttante Lattuada come regista, debuttante la protagonista, debuttante l'operatore Nebiolo!". Ma Ponti allora era molto combattivo, e la spuntammo. Ho avuto grandi mezzi per quel primo film, grazie a Ponti.
Giacomo l'idealista è dello stesso anno di Ossessione. Un anno strano, perché il cinema andava a gonfie vele. Non ero il solo debuttante, tecnici ottimi, avevo Sensani, il grande costumista, avevo una scenografia bellissima, e potevo permettermi di fare un film che era in realtà molto amaro, la storia di una ragazza sequestrata da un ambiente in realtà piccoloborghese, cattolico, bigotto. Era già una rivolta, e certamente non era un soggetto di quelli che ci raccomandavano le autorità del regime. Il punto di partenza era un romanzo di De Marchi, mentre Visconti aveva preso un americano, Cain, e poteva permettersi di sfuggire al cinema di propaganda anche perché, insomma, era molto ricco, poteva investire nel suo film.
In Italia, il gruppo culturale che faceva capo a Bottai che era fascista - non era del tutto in linea col partito; però era protetto da Bottai. Dalle sue origini il fascismo aveva conservato la volontà di essere sempre in atteggiamento rivoluzionario antiborghese. Era diventato tirannico ma nello stesso tempo non voleva mancare a questo atteggiamento antiborghese. Temporale era nient'altro che Gli indifferenti di Moravia, scritto da Pietrangeli e da me, con l'intervento anche di Brancati e con letture saltuarie di Moravia. Presentato al Ministero, Pavolini ci chiamò e spiritosamente disse a me e a Ponti: "Ovviamente si tratta degli Indifferenti di Moravia. Ma siccome e un film antiborghese, fatelo!" E poi disse a me: "Lei che comincia adesso, non faccia del personaggio protagonista un costruttore di case del Fascio, ma un industriale qualunque, non uno che prende i soldi dal Partito fascista per l'Opera nazionale Balilla". Ho risposto: "Stia tranquillo, noi facciamo veramente un film antiborghese. Grazie, grazie".
Noi tutti contenti, fiduciosi nelle contraddizioni del regime, che teneva ogni tanto a ricordare che voleva essere antiborghese! Viceversa una rivista diretta da Doletti pubblicò che sotto il titolo Temporale si nascondeva un adattamento degli Indifferenti di Pincherle-Moravia. Nel frattempo Pavolini era caduto e era stato sostituito da Polverelli, il quale prese l'incartamento di Temporale e ci fece un frego sopra con la matita blu: "Sospendere il film!". Poi ho proposto anche Delitto e Castigo, e altre cose, in quel periodo, con uno stesso destino, per una ragione o per l'altra (Alberto Lattuada, in Goffredo Fofi e Franca Faldini, a cura di, L'avventurosa storia del cinema italiano 18351859, Feltrinelli. Milano 1979).

Cast

& Credits

Regia: Alberto Lattuada.
Soggetto: dal romanzo omonimo di Emilio De Marchi.
Sceneggiatura: Emilio Cecchi, Aldo Buzzi, Alberto Lattuada.
Fotografia: Carlo Nebiolo.
Scenografia: Fulvio Paoli.
Costumi: Gino C. Sensani.
Musica: Felice Lattuada.
Interpreti e personaggi: Marina Berti (Celestina), Massimo Serato (Giacomo), Andrea Checchi (Giacinto), Tina Lattanzi (sua madre), Armando Migliari (il signor Mangano), Giacinto Molteni (il conte), Domenico Viglione Borghese, Giulio Tempesti, Paolo Bonecchi, Silvia Melandri, Roldano Lupi, Dina Romano, Giselda Gasperini, Nelly Morgan, Piero Palermini, Elvira Bonecchi, Adele Baratelli, Felice Minotti, Attilio Dottesio, F.M. Costa.
Direttore di produzione: Ferruccio Martino.
Produzione: ATA.
Distribuzione: Artisti Associati
Il film è stato girato alla Fert di Torino.
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