Nazione: Italia
Anno: 1967
Durata: 87'


Due giovani sposi, dopo il matrimonio, partono per il loro viaggio di nozze e si fermano in un albergo. Lei, Carla, è in attesa, da tre mesi, di un bambino e si addormenta presto. Lui, Carlo, ritorna con la mente, durante tutta la notte, alla sua vita passata. Egli ricorda le sue amare e brutte esperienze di ragazzo, le sue reazioni, la sua famiglia, il collegio religioso e quindi l'incontro con Carla, i litigi con lei, e così via. Durante la notte, uscendo dalla stanza incontra una signora che lo induce ad entrare nella sua stanza. Ritornando dalla sposa si avvicina a lei, ma essa si sente male. Egli, medico, le dà un calmante e mentre lei si assopisce esce di nuovo e raggiunge la signora, ma quando ritorna da Carla la trova morta, in seguito ad una emorragia.

Biografia

regista

Silvano Agosti

Silvano Agosti (Brescia, 1938) si iscrive nel 1960 al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, dove si diploma nel 1962 col cortometraggio La veglia. A Mosca, nel 1963, si specializza in montaggio e studia l'opera di Ejzens tejn. Nel 1967 esordisce nel lungometraggio con Il giardino delle delizie, mutilato dalla censura di 28 minuti. Dopo numerosi documentari «militanti», fonda la 11 Marzo Cinematografica, la cooperativa che produrrà tutti i suoi film. Dal 1976 al 1978 è docente di montaggio al Centro Sperimentale. Il suo cinema Azzurro Scipioni, nel quartiere Prati, diviene un punto di riferimento per i film d'arte. Nel 1983 termina D'amore si vive, ricerca sulla tenerezza, la sensualità e l'amore compiuta a Parma nell'arco di due anni. Nel 1984 pubblica il romanzo L'uomo proiettile. Seguono Uova di garofano, Il giudice, La ragion pura, La vittima.

FILMOGRAFIA

Il giardino delle delizie (Gardens of Delights, 1967),  Cinegiornali del movimento studentesco (1968), N. P. il segreto (1971), Altri seguiranno (1973), Scerscev (1973), Brescia 1974 ( 1974), Matti da slegare (Fit to Be Untied, coregia/codirectors Marco Bellocchio, Sandro Petraglia, Stefano
Rulli, 1975), Nel più alto dei cieli (In the Highest of Skies, 1977),  La macchina cinema (1978), Album concerto (1979), Un incontro (1981), Il buffone di Dio (1981), Runaway America (1982),  L’addio a Enrico Berlinguer (1984), D'amore si vive (1983), Quartiere (1987), Uova di Garofano (Sweet War, Farewell, 1992), Frammenti di vita clandestina (doc., 1993), L'uomo proiettile (1995), Trent'anni di oblio (1998), C'ero anch'io - Frammenti di lotte di strada (1998), La seconda ombra (2000), La ragion pura  (The Sleeping Wife, 2001), Dario Fo - Un ritratto (2002), La conquista della vita (doc., 2008). 

Dichiarazione

regista

Il giardino delle delizie voleva essere una visita ai fantasmi dell'infanzia, non tanto per esorcizzarli, quanto per constatarne la mancanza di creatività: dovevo liberarmi della scuola, della famiglia, dell'informazione, della cultura che mi era stata inculcata (e quando dico scuola intendo anche le cose che mi avevano insegnate al Centro sperimentale). Volevo fare un film "mostruosamente bello", dove l'impianto borghese dell'educazione cattolica, un tema che a me interessa molto, e la connessione profonda tra cattolicesimo e ideologia borghese, fossero mostrati con immagini molto belle, perché la tragicità dell'insieme ne risultasse accresciuta. È stato il primo film che avrebbe dovuto essere sponsorizzato dall'Italnoleggio, ma in realtà i venti milioni vennero finalmente attribuiti al film dopo una proiezione in Vaticano, che ne decise le sorti con i relativi tagli. Fu veramente massacrato dalla censura strisciante.
Una mia sfortuna è stata che, nel frattempo, quell'ispettore di produzione che si chiamava Doria era diventato produttore. Con una rapidità e una voracità incredibili, aveva acquisito subito tutte le caratteristiche del potere produttivo tradizionale, e io mi sono trovato tra le mani, o tra i piedi, questo strano mostro. Diventato, sul lavoro, abulico, privo di capacità organizzative e posseduto ormai soltanto dal demone del potere e della combine. Così per il film non solo ho dovuto trovare io i soldi, non solo ho dovuto trovare gli ambienti, ma ho dovuto accettare di girare in studio, cosa che detesto, e con uno scenografo che di giorno costruiva quello che di notte io dovevo premurarmi di correggere o rifare, uno che non sapeva neanche che l'unico vantaggio del girare in studio sono le pareti mobili e le aveva accuratamente fatte inchiodare! Si chiamava Visone e si è poi specializzato nei western da cinquanta lire. La mia esperienza con Doria come produttore è stata dunque sanguinante.
Poi fece una cosa più grave, fece vedere il materiale del film, senza avvisarmi, al gruppo Gallo-Miccichè di Pesaro, e il materiale, effettivamente molto suggestivo anche per merito di un fotografo bravissimo nel bianco e nero come Aldo Scavarda, fece sì che Gallo e Miccichè intervenissero con molta veemenza su Doria perché io finissi il film in tempo per Pesaro. E questo servì solo a farmi smarrire tutte le coordinate del film. Mi sentivo come una donna che ha in pancia un bambino e le dicono che deve farlo entro lunedì. Feci un accordo, purtroppo solo verbale, per cui dopo Pesaro avrei potuto smontare e rimontare il film. E naturalmente, dopo quello che è successo a Pesaro, io non ho potuto accedere neanche a cento metri di distanza dal film. Uscì nella durata di un'ora e sei minuti, mutilato di circa trenta minuti, e i critici, facendo finta di ignorare le vicissitudini del film, parlarono con grande cinismo di "interessante debutto" ma di "film frammentario". A Pesaro ci fu una specie di corrida tra me e i critici. Nella mia ingenuità immaginavo che i critici fossero partecipi dell'ultima fase della creatività di un film, discutessero su ciò che c'era di interessante o meno, e invece mi sono trovato di fronte a una muta di cani latranti con la sensazione di dover buttare nelle loro bocche qualcosa, e l'unica cosa che avevo a disposizione era l'ironia. Peggio ancora fu quando il pubblico, che allora votava per il miglior film, premiò il mio invece che quello amato dai critici, un orrendo film cubano che si chiamava Manuela (Franca Faldini, Goffredo Fofi, a cura di, L'avventurosa storia del cinema italiano 1960-1969, op. cit. p. 420)

Cast

& Credits

Regia, soggetto, sceneggiatura e montaggio: Silvano Agosti.
Fotografia: Aldo Scavarda.
Scenografia: Rosa Sala, Antonio Visone.
Costumi: Gisella Longo.
Musica: Ennio Morricone.
Interpreti e personaggi: Maurice Ronet (Carlo), Lea Massari (la donna bruna), Evelyn Stewart (Carla), Franco Beroni (Carlo bambino), Vanna De Rosas (una bambina).
Produzione: Enzo Doria per la Doria G. Film.
Distribuzione: I.N.C.
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