Nazione: Italia, RFT
Anno: 1962
Durata:


In una calda giornata estiva un soldato viaggia in treno nel Lazio. A una stazione sale, prendendo posto accanto a lui, una giovane e sensuale donna vestita a lutto. Cercando di non farsi notare dagli altri passeggeri, il soldato tenta alcune "avances", che la donna accetta senza batter ciglio.
Costretto ad alzarsi, perché un ufficiale gli ordina di scaricare alcune valige, il soldato perde il posto accanto alla vedova che viene occupato da un altro viaggiatore. Ma è questione di poco tempo. La donna si alza ed esce dallo scompartimento. Quando ritorna si siede altrove permettendo al soldato di mettersi al suo fianco e riprendere a carezzarla. A Formia tutti i viaggiatori scendono eccetto i due. Mentre l'uomo abbassa le tendine, la donna si distende sul sedile: i due fanno l'amore senza proferir parola. Alla stazione successiva la vedova scende, il soldato la segue e la vede definitivamente allontanarsi con alcuni parenti venuti ad attenderla.

Biografia

regista

Nino Manfredi

FILMOGRAFIA

1962: L'avventura di un soldato (episodio di L'amore difficile). 1971: Per grazia ricevuta. 1981: Nudo di donna.

Dichiarazione

regista

Il film è nato da un'idea del produttore Piazzi, che voleva far esordire come regista quattro attori scelti tra quelli che avevano dimostrato un maggior interesse per la regia. Oltre a me, dovevano esserci Gassman, Bonucci e Salerno. Gassman e Salerno non accettarono, non so perché. Per quanto riguarda me, era da tempo che desideravo approfondire lo studio del cinema, intendevo conoscerlo meglio e imparare a usare la macchina da presa. Questo anche perché non volevo più farmi mettere in soggezione dalla macchina da presa, quest'occhio imperturbabile, che non tremava mai, qualsiasi cosa io facessi: la paura nasce infatti dalla non conoscenza delle cose. Io ero già noto come un rompiscatole, perché durante le riprese chiedevo sempre quale obiettivo c'era in macchina, dovevo sempre sapere come ero inquadrato.
Mi diedero da leggere i racconti di Calvino e mi soffermai su "L'avventura di un soldato", dove capii che c'era un'idea con cui potevo confrontarmi: inconsciamente la molla dell'interesse mi scattò dentro anche perché io stesso avevo vissuto una esperienza in certo modo simile quand'ero giovane, durante una gita estiva a Ostia. Mi decisi allora per questo racconto; e dato che i miei padreterni erano stati Chaplin e Buster Keaton, mi dissi che se volevo dimostrare a me stesso di aver capito il cinema dovevo rifarmi al cinema muto, alla nascita del cinema. E la misura dell'episodio mi pareva giusta, per un racconto di pure immagini. Volevo fare del soldatino un piccolo Chaplin, un piccolo Keaton. Ma i produttori si spaventarono, non volevano farmelo fare così. "Com'è? - mi diceva Piazzi - tu sei uno che è nato con le battute, che fai ridere perché dici le battute in un certo modo, con un certo tono di voce, e adesso vuoi levarci tutto questo! Perché devo rischiare così?" Poi finalmente, a malincuore, si convinsero: in questo mi aiutò soprattutto il direttore di produzione Jaboni. Io stesso però non ero tanto sicuro che l'impresa mi riuscisse; e lavorando alla sceneggiatura (prima con Carpi, che mi abbandonò subito ritenendola una cosa folle; poi con Scola: ma rimasi solo, perché nessuno capiva quello che volevo fare), mi preparai una scappatoia: se il racconto muto non mi riusciva, avrei aggiunto fuori campo la voce interiore del soldatino. Così sarei stato libero di metterci tutte le battute divertenti che voleva il produttore. Furono tutti entusiasti di questa trovata e mi lasciarono girare a modo mio. Finito il film, dovetti lottare per non aggiungere la voce fuori campo, e anche per non far mettere un commento musicale, che volevano impormi a tutti i costi. Feci anche delle apposite proiezioni, con e senza la musica, per far giudicare a un gruppo di "esperti", gente di fiducia del produttore. Infine la spuntai. Misi solo le battute degli altri viaggiatori e i rumori: sentii che era importante l'ansimare della locomotiva, il rumore del treno, che mi doveva rappresentare il battito del cuore del soldatino, il suo stato d'animo. Girammo il film il pieno agosto, con il treno su di un binario vero, sulla via di Cassino e poi a Sabaudia. Così il treno doveva essere sempre in movimento, e ogni tanto si finiva per delle ore su un binario morto, per lasciar passare i treni veri. È stata una fatica bestiale, per il caldo, perché lo spazio era angusto e l'operatore doveva fare l'acrobata (un giorno rischiammo anche di perderlo, mentre girava sporgendosi da un finestrino), perché la luce delle lampade cambiava sempre direzione, ad ogni scossone, e perché io, a quarant'anni, dovevo apparire un ventenne; grondavo sudore da tutte le parti, mi si scioglieva continuamente il trucco. Il lavoro maggiore lo dovetti poi fare con la Franco, che non era attrice molto esperta. Girare scene mute è sempre difficile, cascano tutti. Ho dovuto scrivere apposta per lei le battute a cui doveva pensare, perché quando non pensava a niente, diventava vuota, inespressiva. Alla fine però sono stato contento del risultato, ho visto che era valsa la pena di fare tutta quella fatica. La mia dimostrazione di saper fare il cinema l'avevo data. La critica mi trattò infatti benissimo (A. Bernardini, Nino Manfredi, Gremese editore, Roma 1979, pp. 99-100).

Cast

& Credits

Regia: Nino Manfredi.
Aiuto regia: Mauro Severino.
Soggetto: dal racconto omonimo di Italo Calvino.
Sceneggiatura: Giuseppe Orlandini, Fabio Carpi, Ettore Scola, Nino Manfredi.
Fotografia: Carlo Carlini. Erico Menczer.
Scenografia: Nedo Azzini.
Costumi: Lucia Mirisola.
Montaggio: Eraldo Da Roma.
Musica: Piero Umiliani.
Interpreti e personaggi: Nino Manfredi (il soldato), Fulvia Franco (la vedova). Rosita Pisano (la madre della bambina).
Produzione: Achille Piazzi, per S.p.A. Cinematografica (Roma)-Eichberg Film (Monaco di Baviera).
Distribuzione: Imperialcine.
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