Nazione: Italia
Anno: 1963
Durata: 98'


Su un treno di pendolari si incontrano Andrea e Rosaria. Lui è un operaio addetto a un forno, che vive nella Bassa Lombarda, lei è una ragazza pugliese, con un figlio illegittimo ospitato in un istituto di carità. Tra i due nasce un sentimento d'amore. Nonostante difficoltà e incomprensioni decidono di sposarsi. Andrea, a causa del suo spirito d'indipendenza, finisce col perdere il posto e farsi trasferire a un lavoro meno qualificato. Decide così di andare a vivere a Milano e ottenere con Rosaria la gestione di una portineria. Il posto promesso gli viene però soffiato da un compaesano raccomandato dal parroco.
Durante una manifestazione di protesta Andrea reagisce bruscamente contro un agente. Processato, finisce in galera per un mese. Quando esce troverà Rosaria che ha già dato alla luce il loro primo figlio. Dovrà ricominciare tutto da capo, lavorando come manovale in un cantiere edile.


Biografia

regista

Giuseppe Fina

FILMOGRAFIA

1963: Pelle viva.

Dichiarazione

regista

Giuseppe Fina
Prima di Pelle viva avevo fatto dei documentari che sono andati bene e sono che stati premiati. L'amico che li aveva prodotti ha avuto fiducia e mi ha dato il denaro. Il film è costato 67 milioni, ed è stato girato in 8 settimane. Purtroppo ha avuto una cattiva distribuzione. Ma non c'è voluto molto perché tutte le spese fossero pagate. Il punto debole dei film indipendenti e che non possono beneficiare di nessuna pubblicità, sarebbe necessario spendere più soldi per la pubblicità che non per la realizzazione del film, e questo non e possibile. Generalmente lo spettatore non conosce il regista, gli attori, il soggetto, il titolo. Così non ha voglia di vedere il film. La pubblicità di Pelle viva era imperniata sull'aspetto "sexy" di Elsa Martinelli. Lo spettatore che andava a vedere il film per questa ragione restava deluso, e quello che avrebbe potuto essere interessato non andava perché non ne sapeva nulla (Guy Gauthier, Entretien avec Giuseppe Fina, "Image et son", n. 196, 1966, pp. 46-49)

Carlo Castellaneta

Fina aveva letto il mio romanzo "Una lunga rabbia" e voleva farne un film. Ne parlammo insieme e decidemmo di buttar gi` una prima sceneggiatura. In seguito, però, Fina cambiò idea, e giustamente, perché quel romanzo non si prestava; ne sarebbe venuto fuori un film sui generis, troppo ricercato e basato su temi molto poco popolari. Egli mi disse di avere in mente una storia operaia, una storia sui "pendolari", il che poi è stato. Insieme l'abbiamo strutturata, abbiamo articolato una storia su quello che era solo un tema. (…)
Fina veniva dalla cronaca,. era stato un formidabile cronista di quotidiani, e così è stato naturale per noi condurre una specie di inchiesta personale. Siamo andati alla Falk, abbiamo parlato con gli operai. Pensavamo di poter girare il film all'interno di una acciaieria moderna, diversa da quella un po' ottocentesca che e è poi effettivamente nel film.
A Lambrate, alla Bovisa, a Porta Vittoria; abbiamo parlato coi ferrovieri, coi viaggiatori. Abbiamo provato noi stessi a viaggiare. Lambrate alle sei di sera è uno spettacolo, così ci siamo imbarcati con la fiumana degli operai, viaggiando insieme a loro. Qual e stato il frutto di questa esperienza? Negativo, devo dire, rispetto alla ispirazione; prima di tutto perché la fantasia mi sembra sempre maggiore della realt`, e in secondo luogo perché sarebbe stato necessario fare centinaia di questi viaggi per poterne trarre le situazioni tipiche della condizione del pendolare. Ne abbiamo però preso gli spunti per un'ispirazione che definirei esteriore: certe caratteristiche di questa gente, sul treno, le loro facce, i loro vestiti. È stato un po' un lavoro di sartoria teatrale, non molto di più. Siamo arrivati fino a Crema e il mattino dopo ne siamo ripartiti, alzandoci alle quattro per poter prendere il treno alle cinque insieme a loro. Quell'alba, quel treno che arriva da lontano, il primo bar che alza la saracinesca: ecco, credo che questo ci sia nel film. credo che Fina abbia saputo rendere questo squallore. Anche se, in fondo, ci si poteva arrivare con l'intuizione; noi siamo andati a vedere per scrupolo, per controllare, e abbiamo trovato delle conferme. Forse c'è stato un eccesso di macchiettismo, ma ciò è dovuto anche a un ragionamento di altro ordine: ci pareva che il film potesse risultare pesante, triste e gravoso per lo spettatore, che avrebbe potuto annoiarsi e noi volevamo rispettare certe esigenze non dico commerciali ma di spettacolo.
Fina mirava (e ci è riuscito) a rappresentare un universo contadino con tutte le sue implicazioni, con la famiglia patriarcale e i figli che abbandonano la terra per andare a lavorare in fabbrica, soggetto questo che sarebbe degno da solo di un film. Ci sono poi i conformismi del paese, il personaggio tipico della sorella, e i vecchi pregiudizi della campagna nei confronti della citt`: su tutte queste cose abbiamo discusso. (…)
Fina, d'altra parte, ha immesso nel film degli atteggiamenti, non dico di ironia, ma di anticonformismo politico, ai quali io non avrei pensato, dato che sono più legato di lui a certe posizioni ideologiche. Per esempio la frase che un operaio rivolge ai compagni di viaggio: "Se te manget ti, a mesdi, i discurs de Togliatti?". Una frase così può essere pertinente a una umanit` di quel tipo (Intervista con Carlo Castellaneta, in "Cinestudio", n. 15, 1965, pp. 11-18)

Cast

& Credits

Regia: Giuseppe Fina.
Soggetto e sceneggiatura: Carlo Castellaneta, Giuseppe Fina.
Fotografia: Antonio Macasoli.
Scenografia: Enrico Trovaglieri, Franco Gambarano.
Montaggio: Gabriele Variale.
Musica: Carlo Rustichelli.
Interpreti e personaggi: Elsa Martinelli (Rosaria), Raul Grassilli (Andrea), Franco Sportelli (Francesco), Lia Rainer, Narcisa Bonati, Roberto Barbieri, Anna Davelo, Osvaldo Azzini, Bianca Verirosi, Luigi Carani.
Produzione: Cinematografica 61.
Distribuzione: Atlantisfilm.
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