Nazione: RFT
Anno: 1968
Durata: 88'


Il film narra la storia di Anita G., una ragazza di origine ebraica, che lascia la RDT per recarsi nella Repubblica Federale e vive una vera e propria odissea, un'odissea che però è fatta di episodi spiccioli, se considerati a sé.
Anita, proprietaria solo della sua valigia, è in fondo costretta a lottare continuamente per sopravvivere. Per aver preso la giacca di una collega di lavoro viene condannata da un giudice a una pena detentiva. Il giudice (la cui voce si sente a tratti, sebbene nell'immagine cinematografica non lo si veda parlare) legge a lungo il codice e infine asserisce "che un giudizio definitivo non può essere emesso in merito". La ragazza è condannata con la condizionale e sottoposta a un periodo di prova. Tramite l'assistente sociale incaricata di seguirla che non riscuote troppe simpatie da parte sua la ragazza ottiene un impiego di rappresentante di una casa discografica; il suo compito è vendere corsi di lingue incisi su dischi ai passanti per la strada, e naturalmente non ha successo. Diventa invece l'amante del principale, finché la moglie non scopre la relazione. La tappa successiva delle sue peregrinazioni la vede cameriera in un albergo; è presto licenziata per un furto che non ha commesso. La padrona di casa la mette in mezzo alla strada perché non paga l'affitto da tre mesi. Ora Anita si sforza di farsi una cultura e va all'universit` per studiare scienze politiche. Un assistente si diffonde in discorsi eruditi sulla teoria della scienza e chiede ad Anita come mai abbia pensato di studiare politologia senza conoscere il francese. In seguito, la ragazza subisce l'influenza di un consigliere ministeriale di nome Pichota il quale, come dice il sottotitolo, "non potendola aiutare, vuole almeno educarla". Le insegna a leggere gli orari ferroviari e le canta pezzi d'opera; inoltre la intrattiene sui "Racconti del signor K." di Brecht e a un certo punto non si capisce bene se l'uomo deve assomigliare al modello o viceversa. Quando però Anita rimane incinta la scarica con un po' di denaro e il consiglio di trasferirsi nella Renania del NordWestfalia. Il bambino nasce in prigione, dove Anita è ritornata volontariamente (poiché nel frattempo è ricomparsa nell'elenco dei ricercati) e contribuisce a raccogliere documenti per il proprio processo.
Il film di Kluge non è così coerente e organicamente strutturato come potrebbe apparire dalla lettura della trama. Il suo principio formale consiste nell'elaborare alcune scene in modo intensivo, fino al dettaglio (in questi momenti il film assume sovente un carattere documentaristico), e poi nel comprimere il tempo in misura estrema, alludendo a interi periodi temporali soltanto con poche immagini. La costruzione drammatica ha la soggettivit` di un diario, e il film di Kluge, anche grazie ai molti cartelli e alle molte osservazioni che dovrebbero stimolare la fantasia dello spettatore, ricorda Jean-Luc Godard, in particolare Vivre sa vie. Abschied von gestern potrebbe intitolarsi anche "Il diario di Anita G.". Kluge è tuttavia molto lontano dal plagiare Godard. Piuttosto, si potrebbe dire, egli capovolge il regista francese della nouvelle vague, dalla testa ai piedi.
È vero che Kluge si serve di metodi simili a quelli di Godard per collegare immagini e sequenze molto lontane tra loro (con un montaggio molto veloce), e per aprire una via diretta alla coscienza dei protagonisti ricorrendo ad associazioni di vario tipo. Ma la caratteristica del metodo di Kluge non è il semplice trattamento delle immagini, ma il ricorso permanente al passato, alla tradizione, alla cultura nel suo rapporto con la societ`. Egli colloca la storia di Anita G. in un sistema di coordinate dai tratti molteplici, a volte soltanto allusivi, eppure sempre fortemente motivati. Così compaiono più volte, evidentemente come immagini della memoria, fotografie di serate borghesi in famiglia e di concerti casalinghi grondanti cultura, in cui di colpo si possono vedere anche uniformi naziste.
Nel film non è espresso in modo del tutto esplicito il modo in cui queste immagini della memoria vadano ricondotte alla storia personale di Anita G. Forse però non è neppure necessario, poiché queste immagini, accompagnate da una musica di tango dolciastra e malinconica (il cui valore espressivo Kluge è capace, in modo geniale, di utilizzare contrappuntisticamente), rappresentano idealmente lo sfondo del nostro passato borghese-convenzionale. Il concetto dell'armonia e dell'umanesimo, quale risuona nelle foto di famiglia, si trova però in stridente contrasto con il destino esistenziale di Anita G. e con la spietatezza delle persone che la circondano. E qui, nell'osservazione dei comportamenti di coloro che hanno a che fare con l'amministrazione della cultura, il film di Kluge raggiunge una dimensione satirica, di critica della societ`.

Ulrich Gregor, da "Die Welt", 12 settembre 1966


La prima impressione, tre giorni fa, fu molto forte, ma avevo una qualche perplessit`. Chi conosce Alexander Kluge come scrittore, non soltanto si ripromette molto, ma si aspetta anche qualcosa di determinato, soprattutto se qui si tratta davvero di un film d'autore, e non della riduzione cinematografica di un autore; e così è accaduto: il suo film è lontano dall'intrattenimento proprio come la sua prosa, è liberatorio illudendo che sia la fatticit` stessa a parlare. Il che naturalmente non è. È un'apparenza, Kluge non è un documentarista. Del resto devo ammettere di non aver sempre capito a prima vista la storia, per quanto possa essere semplice, crudele e quotidiana; a volte mi sembrava di essere davanti a una persona la cui straordinaria intelligenza ci spinge aldil` della vicenda narrata, così che non sempre è possibile appropriarsi del materiale, della storia su cui egli sviluppa le proprie riflessioni. Anita ha avuto il bambino o no? Ci si trova allora d'accordo, eccitati e incerti: un film forte, un film inusuale, persino un. film poetico. Kluge ho appena visto il film per la seconda volta, visto che la prima impressione si è rivelata ambigua non fa altro che raccontare molto realisticamente un caso reale, così realisticamente da diventare profondo, e senza la presunzione che il caso sia esemplare, anche se involontariamente lo è. La storia di questa giovane donna non è inventata a caso. Era proprio così. Tutto, quasi tutto, è visto con una tale precisione che pare ottenere da sé un significato: "Così è".
Vedendo il film per la prima volta non ho capito molti passaggi, li ho accettati ma non li ho percepiti: una segretaria dell'universit` dice alla ragazza che per iscriversi non c'è bisogno d'altro che del diploma di maturit`; stacco; la ragazza non può pagare la camera d'albergo e fugge via come una delinquente. Per studiare all'universit` (la profuga dell'Est deve ancora impararlo) non ci vuole soltanto il diploma di maturit`: ci vuole anche il denaro. Ma questo fatto, e molti altri ancora (ho preso l'esempio più semplice) non vengono annunciati, ma scaturiscono dal montaggio, dal ritmo delle immagini, che non va alla ricerca dell'interesse formale, ma della conoscenza. Anche la poesia di questo film spietato giunge presumibilmente dal montaggio: nasce spontanea. non viene presa a prestito. È incredibile ciò che è capace di essere il film quando l'intelligenza è all'opera (non intendo la semplice intelligenza dello specialista: molti ce l'hanno e ce l'ha anche Kluge): si rivela qui l'intelligenza dell'esperienza umana, la capacit` di discernimento che, anche nel cinema, definisce il livello dell'autore. Kluge non ha bisogno di cercare l'inusuale nei mezzi cinematografici; se ne serve senza problemi. Questo film è un'opera di discernimento.

Max Frisch, da "DieWeltwoche", 18 novembre 1966


In Abschied von gestern il contenuto emozionale di un gesto, di un'immagine, di una combinazione di suono e immagine, di un cartello, è più forte di quello razionale. Che cosa significa la storia illustrata del mammuth dell'era glaciale? Che cosa significa la scena in cui Anita asciuga con le mani la birra che accanto al bicchiere è caduta sul tavolo della birreria? Che cosa significano i conigli sulle lapidi ebraiche nella scena con il "Deuthschlandlied"? I montaggi di associazioni di Kluge non creano nessuna idea, come (a volte) quelli di Eisenstein: essi liberano piuttosto i concetti dalla loro staticit`. è come se un'immagine ne afferrasse un'altra, o la musica afferrasse un'immagine, per capovolgerla. In chi considerava il "Deuthschlandlied" una componente determinata del proprio immaginario, il prolungato ascolto ha creato associazioni fastidiose. Un certo sentimentalismo tedesco è espresso ed è richiesto nelle canzoni di successo, in questi inni e in questi canti di Natale, nelle immagini e nei testi dei libri illustrati per l'infanzia, nelle immagini di case in cui c'è tepore, nelle immagini delle bancarelle di Natale soffusamente illuminate; il sentimentalismo viene attivato, ma non gli si permette di consumare se stesso; i sentimenti vengono messi in moto soltanto a livello generale. Nelle sequenze da slapstick comedy con i poliziotti e i soldatini di piombo, gli uomini delle Sa e i Gi's, il sentimentalismo si trasforma in aggressivit`. Ancora una volta non si tratta qui di spiegazioni psicologiche, di sogni o di visioni, ma di avvicinamenti progressivi a una realt`.
La Germania è presente in questo film nei visi, nei paesaggi, nella musica, nel linguaggio, nelle case, ed è presente non come un concetto compiuto, ma come una realt` che con molti angoli e con molte asperit` spunta nel film, il quale per la prima volta la rende visibile. Il film non apre una carta geografica davanti allo spettatore, ma lo spinge a un viaggio di esplorazione.

Enno Patalas, da "Filmkritik", n. 12, 1966

Biografia

regista

Alexander Kluge

Alexander Kluge (Halberstadt, Germania, 1932), regista, scrittore e filosofo, è stato allievo di Adorno e della Scuola di Francoforte, assistente di Fritz Lang per La tigre di Eschnapur (1959) e tra i firmatari del Manifesto di Oberhausen che nel 1962 sancì la nascita del nuovo cinema tedesco. Ha esordito nel 1966 con La ragazza senza storia, Leone d’Argento alla Mostra di Venezia, seguito due anni dopo da Artisti sotto la tenda del circo: perplessi, vincitore del Leone d’oro. Nel 2008 la Berlinale gli ha assegnato l’Orso d’oro alla carriera. Come scrittore ha influenzato autori come Enzensberger e Sebald. Nel 2017 L’orma editore ha pubblicato il suo Antico come la luce - Storie del cinema.

FILMOGRAFIA

Abschied von Gestern (La ragazza senza storia / Yesterday Girl, 1966), Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos (Artisti sotto la tenda del circo: perplessi / Artists under the Big Top: Perplexed, 1968), Gelegenheitsarbeit einer Sklavin (Le occupazioni occasionali di una schiava / Part-Time Work of a Domestic Slave, 1973), In Gefahr und größter Not bringt der Mittelweg den Tod (Quando un grave pericolo è alle porte le vie di mezzo portano alla morte / In Danger and Dire Distress the Middle of the Road Leads to Death, 1974), Der starke Ferdinand (Ferdinando il duro / Strongman Ferdinand, 1976), Die Patriotin (The Patriotic Woman, 1979), Der Kandidat (The Candidate, doc., 1980), Der Angriff der Gegenwart auf die übrige Zeit (The Assault of the Present on the Rest of Time, 1985), Vermischte Nachrichten (Notizie varie / Miscellaneous News, 1986), Happy Lamento (2018).

Cast

& Credits

Regia: Alexander Kluge.
Soggetto: A. Kluge, dal suo racconto Anita G., in Ubensläufen (Biografie, 1962).
Sceneggiatura: A. Kluge.
Fotografia (35 mm, b/n): Edgar Reitz, Thomas Mauch.
Montaggio: Beate Mainka.
Suono: HansJorg Wicha, Klaus Eckelt, Heinz Pusel.
Interpreti: Alexandra Kluge (Anita. G.), Hans Korte (il giudice), Edith KuntzePeloggio (Faiutoguardiano in prova), Palma Falck (la signora Budek), Aldo Riegler (il prete), Josef Kreindl (il padrone della casa discografica), Kathe Ebner (moglie del padrone), Peter Staimmer (giovane uomo), Hans Brammer (il professore), E. O. Fuhrmann (il paracadutista), Karl Heinz Petes (il Signore), Ursula Dirichs (la madre), Günter Mack (Pichota, il consigliere ministeriale), Eva Maria Meineke (la signora Pichota), Fritz Werner (l'amministratore del negozio di pellicce), Edwig Wissing (la cameriera), Nathan Gnath (il direttore dell'albergo), Maria Schafer (l'albergatrice), Harald Patzer (il professore ordinario), Alfred Edel (l'assistente universitario), Gottfried Gerhard BowinSchlegel (il portiere dell'albergo), Adam Delle (l'ammaestratore di cani), Ingeborg Werneth (l'albergatrice), Fritz Bauer (il Procuratore generale dello stato), Irma Kolmhuber (l'infermiera della prigione), Erna Bepperling (l'assistente sociale della prigione).
Commento-off: A. Kluge.
Produzione: KairosFilm (Monaco) in collaborazione con l'IndipendentFilm (Berlino Ovest).
Produttore: A. Kluge.
Direttore di produzione: Werner Leckenbusch.
Ispettore di produzione: Bernt Hoeltz, Werner Leckebusch.
Riprese: a Francoforte sul Meno, Mairtz, Wiesbaden, Monaco, gennaio 1965/febbraio 1966.
Prima proiezione: 5/9/1966, alla Biennale di Venezia
Leone d'argento alla Biennale di Venezia 1966; 4 Bundesfilpreise.
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