Nazione: RFT
Anno: 1967
Durata: 93'


Un ritratto autentico di Johann Sebastian Bach, in base al diario (immaginario) di Anna Magdalena, la sua seconda moglie. C'è qualche allusione a difficolt` d'ordine professionale e finanziario. È comunque la musica a predominare nel film. Il commento consiste di citazioni tratte da lettere, documenti e relazioni dell'epoca.

Una delle accuse principali a Chronik der Anna Magdalena Bach è che nel film "non succede nulla". Si percepisce dunque la colossale staticit` del film ma non l'eccitazione che lo pervade; ci si accorge della struttura narrativa cronachistica, ma non si vede che in più punti è spezzata; si riconosce uno svolgimento temporale, lineare e continuo, ma non si afferra che il film dispiega al proprio interno un rapporto temporale di estrema complessit`. In breve: veduta dall'alto, ma nessuna veduta dall'interno; architettura, ma nessun rapporto tra i pesi; sguardo, ma nessuna deduzione. Questo tentativo di analisi di un'inquadratura di Chronik vorrebbe contribuire al riconoscimento della struttura interna del film. Parleremo della trentaquattresima inquadratura.
Camera da musica nell'appartamento del cantore. Mezzototale: una stanza ampia, illuminata da una grande finestra; profondit` plastica (le linee di fuga prospettiche dell'immagine sono asimmetriche). All'incirca nel punto mediano tra il punto più lontano nella stanza e la posizione della macchina da presa: una spinetta, che Anna Magdalena suona leggendo uno spartito. Ai suoi piedi la figlia Henrietta (circa al centro dell'immagine). Gioca con una bambola.
Commento (Anna Magdalena): "Dei nostri primi tre bambini, la morte ci rapi ben presto Christiane Sophie Henrietta, la primogenita, e Christian Gottlieb, il secondogenito".
Anna Magdalena alla spinetta, Henrietta che gioca con la bambola. Gioco, musica, luce, silenzio, idillio familiare. II tempo passa. Poi, lenti movimenti di macchina, appena percepibili: diminuizione dello spazio dell'inquadratura. Meta della macchina da presa: Anna Magdalena e lo spartito che si trova davanti ai suoi occhi. Restringimento dello spazio nel corso del movimento di macchina; il margine inferiore dell'inquadratura raggiunge la bambina che gioca; la sua esistenza fisica è sempre più eliminata dall'immagine, finché, nel corso del movimento è esclusa completamente. Si vedono soltanto Anna Magdalena e lo spartito in primo piano. Anna Magdalena finisce il "Tempo di gavotta" e soltanto allora, per la prima volta, allontana lo sguardo dallo spartito, dirigendolo verso il basso, dove prima (nel mezzototale) c'era la bambina, e dove ora non c'è più nulla, se non al di fuori dei confini dell'inquadratura invisibile.
Herbert Linder scrive: "Chronik ha 10 movimenti di macchina in 38 inquadrature (sono escluse quelle riguardanti i documenti): 8 carrellate e 2 panoramiche. Sono giustificati dal fatto che non li si nota, altrimenti si dovrebbe sospettare che sono inutili" ("Filmkritik", n. 10, 1968). I movimenti di macchina di Chronik soltanto a un primo sguardo non saltano agli occhi, e sono necessari come ogni movimento di questo film. Il movimento di macchina della trentaquattresima inquadratura di Chronik è:
tecnicamente il movimento lento di una macchina da presa Mitchell (Straub ha scelto questo tipo perché il suo peso specifico riduce al minimo le oscillazioni durante la carrellata);
visivamente la riduzione del taglio da mezzototale a primo piano;
emotivamente la crescente concentrazione su un oggetto in uno spazio con molti oggetti;
spiritualmente il movimento del tempo nello spazio e la distruzione di un idillio attraverso la morte.
Certo il tempo, in Chronik, è immobile; il che non significa che il film sia atemporale. Il film racconta qualcosa di lontano, di estraneo, di concluso nel passato. Così come guarda indietro al tempo di Bach, allo stesso modo Anna Magdalena guarda indietro al proprio tempo passato con Bach. Nell'imperfetto del suo racconto essa esprime una distanza che è parallela alla nostra (e a quella del film di Straub) nei suoi confronti, anche se non è identica alla sua distanza da Bach, cui è sopravvissuta allo stesso modo di come noi viviamo dopo di lei. (Questa distanza parallela crea l'impressione della lontananza, che tuttavia ci è talmente vicina da far sembrare che il tempo sia immobile). Quando Anna Magdalena racconta di Bach e della sua vita con lui, parla di qualcosa di passato. Nondimeno le immagini che il. film di Straub ci offre sono presenti. Esse si trovano prima del tempo che Anna Magdalena Bach sente come passato. La trentaquattresima inquadratura di Chronik mostra un idillio familiare. Nello spazio luminoso e chiaro della camera, la madre suona sulla spinetta un brano che suo marito ha composto per lei.
Benché assente, Bach è presente attraverso la sua musica. La loro figlia Henrietta gioca sul pavimento con una bambola. ]è un istante di vita compiuta, in equilibrio; è l'utopia di una felicit` in cui per un attimo si ritrovano assieme Parte, la famiglia, l'amore, l'individualit`, la realizzazione di sé e il gioco spensierato. È uno spazio senza tempo.
Il tempo irrompe con le prime parole di Anna Magdalena, fuori campo: "Dei nostri primi tre bambini, la morte ci rapi ben presto Christiane Sophie Henrietta…". Sono parole che vengono da un altro tempo, futuro per chi sta nell'inquadratura, passato per chi vi sta fuori. Questa paradossale restrizione temporale, che inizia gi` con le prime parole di Anna Magdalena, è una minaccia: l'idillio diventa ambiguo, la sua distruzione e il suo superamento nelle parole "la morte ci rapi ben presto Christiane Sophie Henrietta" è una certezza.
La bambina quasi senza nome (è proprio nel momento in cui riceve un nome dalla voce fuori campo, per lo spettatore) è gi` consegnata alla morte. È una situazione simile a quella di molti film di Hitchcock, in cui lo spettatore gi` vede, conosce, sa la disgrazia: soltanto la persona minacciata è ignara. Anche la madre che suona la spinetta, anche la bambina con la sua bambola non sanno nulla della morte, che pure è gi` presente. Mentre la macchina da presa (paragonabile al monolite nero di 2001 A Space Odissey di Kubrick) osserva e comunica ogni cosa allo spettatore, senza movimenti e senza sentimenti, ci si accorge della propria terribile impotenza: non possiamo offrire le nostre conoscenze a coloro la cui fine è gi` stata decisa. Questi attimi di felicit` (non è cambiato nulla dopo le parole di Anna Magdalena, che storicizzano la scena) sono gi` votati al tramonto, ancora prima che la macchina da presa, dopo un periodo di attesa, inizi il proprio movimento e attraversi lo spazio. La macchina da presa assorbe lo spazio, la luce, la sua ampiezza e la sua profondit`, lo restringe, lo fa raggrinzire, lo attira a sé, gli estorce la vita, ne espelle la bambina. La morte di Henrietta, anticipata dalle parole di Anna Magdalena, è ora portata nel presente dalla macchina da presa: presentefuturoimperfetto.
"…La morte ci rapi ben presto…". Mentre la bambina è esclusa dall'inquadratura, che si restringe e si scurisce, la madre continua a suonare: la musica continua, la spensieratezza e la felicit` della madre non sono turbate. Finché, alla fine del brano, Anna Magdalena getta uno sguardo che appartiene ancora a un momento che nel film è gi` da lungo tempo passato.
La mostruosit` e la crudelt` di questo movimento di macchina derivano dal suo indugiare, dall'orrore ritardato. Straub ha occasionalmente parlato del vampirismo del suo film: questa autointerpretazione non si adatta soltanto alla scena di Anna Magdalena malata o al totale sulle nuvole in movimento; non si adatta soltanto al rapporto tra Bach e la propria famiglia e a quello tra la sua musica e lui: per me questo vampirismo è visibile nei rari movimenti di macchina, che corrispondono a pesanti minacce (senza tuttavia "significarle"!). Questi movimenti sono paragonabili agli oscuri crescendi vocali, all'inizio di The Fall of the House of Usher di Poe, che evocano un naufragio prima che questo avvenga.
Questo movimento di macchina della trentaquattresima inquadratura non è un'eccezione rispetto all'insieme del film, che peraltro sarebbe necessario analizzare in base all'irritazione dovuta alla sua staticit`. Un'inquadratura successiva lo dimostra. Anna Magdalena aveva raccontato che Bach, verso la fine della vita, aveva fatto nuovamente eseguire alcune opere musicali degli esordi. In un mezzo-totale si vede Bach dirigere l'orchestra da un matroneo, mentre lo stesso cantante che all'inizio del film aveva cantato un'aria di caccia in uno spazio luminoso, esegue l'aria Ich freue mich auf meinen Tod, ach, hatte er sich doch eingefunden ("Gioioso per la mia morte, ah, se gi` si fosse fatta avanti"). Anche qui Straub non si permette nessuno psicologismo (questo sarebbe stato per esempio l'effetto di una carrellata su Bach); la macchina da presa esclude Bach dall'inquadratura, si dirige sul cantante e lì si ferma. Ciò che resta di Bach è la sua musica, che qualcuno sta eseguendo.

Wolfram Schütte, Präsens Futur Präteritum in Visuelle Kommunikation, a cura di Hermann K. Ehmer, DuMont, Köln 1971.

Biografia

regista

Jean-Marie Straub

Jean-Marie Straub (Metz, Francia, 1933) ha lavorato, come assistente, per registi come Robert Bresson, Abel Gance, Jean Renoir o Jacques Rivette, esordendo nel 1963 insieme a Danièle Huillet, che da quel momento sarà sua compagna di vita e di lavoro, con il cortometraggio Machorka - Muff, tratto da un racconto di Heinrich Böll. Hanno realizzato il loro primo lungometraggio, Cronaca di Anna Magdalena Bach, nel 1968. Da allora hanno diretto una trentina di film, confrontandosi con autori come Friedrich Hölderlin o Cesare Pavese. Nel 2006 sono stati omaggiati, a Venezia, di un Leone speciale per l’innovazione del linguaggio cinematografico.

FILMOGRAFIA

 filmografia essenziale/essential filmography

Machorka - Muff (coregia/codirector Danièle Huillet, cm, 1963), Chronik der Anna Magdalena Bach (Cronaca di Anna Magdalena Bach, coregia/codirectorDanièle Huillet, 1968), Moses und Aaron (Mosè e Aronne, coregia/codirectorDanièle Huillet, 1975), Dalla nube alla resistenza (coregia/codirector Danièle Huillet, 1979), Der Tod des Empedokles (La morte di Empedocle, coregia/codirector Danièle Huillet, 1987), Lothringen! (coregia/codirectorDanièle Huillet, cm, 1994), Sicilia! (coregia/codirector Danièle Huillet, 1999),Une visite au Louvre (coregia/codirector Danièle Huillet, 2004), Corneille-Brecht (cm, 2009), O somma luce (2010), Jeonju Digital Project 2011 - Un héritier (cm, 2011).

Danièle Huillet

Danièle Huillet nasce a Parigi il 1° maggio 1936. Cresce in campagna e ritorna a Parigi verso il 1948. Studia al liceo Jules Ferry. Si prepara per l'IDHEC ma si rifiuta di scrivere sul film Menèges di Yves Allégret che ritiene indegno di una prova d'esame.

Cast

& Credits

Regia, soggetto e sceneggiatura: Jean-Marie Straub / Danièle Huillet.
Fotografia (35 mm, b/n): Ugo Piccone, Saverio Diamanti, Giovanni Canfarelli.
Assistente alla fotografia: Hans Kracht, Uwe Randon, Thomas Hartwig (riprese speciali).
Montaggio: Straub/Huillet.
Musica: Johann Sebastian Bach e Leo Leonius (Comuni mottetti domenicali latini per l'undicesima domenica dopo la festa della Santissima Trinit`, dal Florilegium Portense di Erhard Bodenschatz).
Suono: Louis Hochet, Lucien Moreau, Paul Scholer.
Costumi: Casa d'Arte (Firenze), Vera Poggioni, Renata Morroni.
Interpreti: Gustav Leonhardt (Johann Sebastian Bach), Christiane Lang-Drewanz (Anna Magdalena), Paolo Carlini (D. Hölzel, consigliere), Ernst Castelli (Steger, consigliere aulico), HansPeter Boye (Born, consigliere al capitolo), Joachim Wolf (il rettore), Rainer Kirchner (il sovrintendente), Eckart Briintjen (prefetto Kittler), Walter Peters (prefetto Krause), Kathrien Leonhardt (Catharina Dorothea Bach), Anja Fahrmann (Regine Susanna Bach), Katja Drewanz (Christine Sophie Henrietta Bach), Bob van Asperen (Johann Elias Bach), Andreas Pangritz (Wilhelm Friedemann Bach), Bernd Weikl (cantante della Cantata BWV 205), Wolfgang Schöne (cantante della Cantata BWV 82), Karl-Heinz Lampe (cantante della Cantata BWV 42), Nikolaus Harnoncourt (il principe di AnhaltCöthen), Berhard Wehle (voce soprano nella Cantata BWV 140), Christa Degler (voce di Anna Magdalena Bach nella Cantata BWV 244a).
Produzione: StraubHuillet/Kuratorium Junger Deutscher Film/Hessischer Rundfunk/Telepool/Rai/Idi Cinematografica/Franz Seitz Filmproduktion/Filmfonds e V.
Direttore di produzione: D. Huillet.
Riprese: a Preetz, Stade, Amburgo, Eutin, Lüneburg, Lubecca, Norimberga, Freiberg, Sassonia, Lipsia, Grosshartmarmsdorf/Sassonia, Berlino Est, Regensburg, Haseldorf, agosto-ottobre 1967.
Costo: 470.000 marchi.
Prima proiezione: 3/2/1968 al Festival di Utrecht
Menu