Nazione: RFT
Anno: 1967
Durata:


L'industriale Piachi ha perduto il suo figlioletto a causa di un'epidemia. Adotta un orfano di undici anni, Nicolo. Una volta cresciuto, Nicolo, un ragazzo intelligente ma debole di carattere, causa la rovina dei suoi genitori adottivi.


Un giovane sta mangiando una mela davanti a un muro. Si sente il grido di una sirena. Strade e case deserte riempiono lo schermo. Poi ritorna il viso spensierato del ragazzo con la mela: questa volta è piè ravvicinato. Infine si vedono automobili, ciascuna con un numero, davanti a un muro infinitamente alto, la cui cima resta invisibile (come in Der müde Tod di Fritz Lang). Il giovane è accolto su una Mercedes da un signore anziano, dall'aspetto rispettabile.
Così inizia Der Findling, la rielaborazione cinematografica di George Moorse dell'omonima novella di Kleist. Le immagini sono fredde, accuratamente calcolate nelle proporzioni e nella durata, gelide, belle e terribili. È il flashback che racconta l'inizio di una storia complicata e fatale, che Moorse ha trasferito dal rinascimento italiano a una metropoli contemporanea. È una scelta intelligente, non sempre felice, ma capace di aprire nuove dimensioni alla vicenda.
In Zero in the Universe, il suo primo lungometraggio, George Moorse sembrava affidarsi interamente alle associazioni causali e all'improvvisazione; con Der Findling, invece, ha realizzato un film straordinariamente preciso, controllato nello stile, programmato fin nei minimi dettagli. Presumibilmente è stato anche influenzato dalla struttura cristallina e dal linguaggio trasparente (benché complesso) di Kleist. La struttura geometrica del film, che emerge non soltanto dalla drammaturgia dell'insieme, ma anche dalla proporzione delle singole sequenze, ne definisce l'interesse formale; l'effetto è che lo spettatore è affascinato fin dalle prime inquadrature. Forse non affascina soltanto la fredda precisione della struttura, ma anche il principio narrativo del film, elettrico e frammentario. Moorse ordina brevi sequenze di immagini, isolate e autonome, che corrispondono alla compattezza e alla glacialit` delle frasi kleistiane; ma tra ogni sequenza si apre un abisso, una distanza che vuol essere colmata dallo spettatore. Un'immagine non cita mai la precedente. La regola è piuttosto quella del maggior contrasto possibile. Il senso di una minaccia apocalittica che si sprigiona dalla sequenza iniziale contrasta fortemente con l'atmosfera armonica e felice che regna nella casa di Piachi, dove sono ambientate le scene successive. Quando Piachi racconta le terribili esperienze vissute e la morte del figlio, tuttavia, sopravvive ancora un elemento di terrore. Anche in seguito la storia del figlio adottivo Nicolo, dei suoi molti amori e del suo vile attacco a Piachi è raccontata a frammenti, a volte apparentemente slegati. Avvenimenti decisivi sono concentrati in poche inquadrature, a volte in una soltanto. A volte le inquadrature sono separate da ciò che le circonda al punto da trasformarsi in segni astratti: è il caso, per esempio, dei pioppi piegati dall'uragano che per un attimo si vedono all'inizio del film. La tecnica di Moorse (attingere al contenuto espressivo della singola immagine senza per questo caricarla di significati simbolici) è efficace perché il suo film rinuncia radicalmente a ogni impianto narrativo e perché riconduce ogni immagine al suo nucleo documentaristico.
Questa tecnica fredda e affascinante implica però alcune conseguenze pericolose; spesso sfiora i limiti della comprensibilit`. Mancano talmente tanti raccordi, che facilmente si può perdere il filo della storia.
In particolare è difficile orientarsi tra le diverse figure femminili (l'amante presentata all'inizio, Xaviera Tartini; Elvire, la moglie del padre adottivo; Constanze, la moglie di Nicolo; un'amica di Elvire). L'incontro notturno tra Nicolo e Piachi, che porta con sé il cadavere di Constanze presentandolo all'amico terrorizzato come quello di Xaviera Tartini, non è comprensibile se non si conosce il precedente inganno ordito da Piachi contro Nicolo, che però il film tralascia.
In alcune scene del film Moorse, contraddicendo la tecnica dell'asciuttezza e della precisione documentaristica, si dilunga in divagazioni e in digressioni fuori luogo. Ma queste poche eccezioni confermano la regola: il film è una rielaborazione personale e creativa, come si dimostra per esempio nella straordinaria sequenza del funerale (assente nel testo kleistiano). Qui lo sconforto e la rassegnazione sono evocati dai movimenti di macchina, dalla luminosit`, dai movimenti delle poche persone presenti, che, dalla distanza, assumono un valore coreografico. In sequenze come questa è particolarmente valorizzato l'impressionismo del direttore della fotografia, Gerard Vandenberg, il cui contributo al film è stato sicuramente decisivo.
Der Findling dispiega appieno il proprio ritmo e la propria incisivit` nell'ultima parte, quando il personaggio di Nicolo (forse troppo poco approfondito dal punto di vista della recitazione) rileva la sua vera natura. Moorse ha trovato ancora una volta le immagini adatte a illustrare il rigore assoluto e la smania con cui Piachi, simile a Michael. Kohlhaas, esige il rispetto dei propri diritti. Esemplare è la scena con i due avvocati (la posizione dei loro corpi è perfettamente stilizzata), oppure la scena in cui Piachi, interrogato da uno psichiatra, sta davanti a una grande lastra di vetro decorata. In questa sequenza il regista tratteggia il ritratto brillante e terribile di uno psicoterapeuta.

Wrich Gregor, da "Filmkritik", n. 7, 1967

Biografia

regista

George Moorse

Cast

& Credits

Regia: George Moorse.
Soggetto: dall'omonima novella di Heinrich von Kleist.
Sceneggiatura: G. Moorse.
Fotografia (35 mm, b/n): Gerard Vandenberg.
Montaggio: Christa Wernicke.
Musica: Wilfried Schröpfer.
Suono: Gerhard Jensen.
Interpreti: Rudolf Fernau (Antonio Piachi), Julie Felix (Elvire), Titus Gerhard (Nicolo), Ashkhen Kaprielian (Xavicra), Elke Kummer (Costanze), Christoph Curtis, Eva Curtis, Marianne Herzog, Sabine KrUger, Peter Lilienthal, Hans Mederski, Martin Stachowitz, Franz Tummler, Konrad Weidling.
Produzione: Bayerischer Rundfunk (Hellmut Haffner) (Monaco)/Literarisches Colloquirn (Walter Kollerer) (Berlino Ovest).
Produttore: Wolfgang Ramshott.
Direttore di produzione: Ursula Ludwig.
Prima proiezione: 27/5/1967 al Festival di Pesaro, 10/6/1967 alla Televisione Bavarese (Br III).
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