Nazione: RFT
Anno: 1969
Durata: 88'


Il film è dedicato a Marieluise Fleisser; motto iniziale: "È meglio compiere nuovi errori che consolidare i vecchi sino alla totale incoscienza (Yaak Karsunke)".

Katzelmacher è un'espressione bavarese spregiativa per indicare i lavoratori immigrati originari dell'Europa meridionale; etimologia popolare: qualsiasi straniero venuto dal sud che mette incinta una tedesca senza farsi problemi (come i gatti). Nell'etimologia corretta, invece, indica un artigiano specializzato nella produzione di mestoli (Gatzeln) nella regione della Val Gardena.

Quattro coppie, quattro situazioni diverse; "Marie (Hanna Schygulla) appartiene a Erich (Hans Hirschmüller), Paul (Rudolf Waldemar Brem) va a letto con Helga (Lilith Ungerer), Peter (Peter Moland) si fa mantenere da Elisabeth (Irm Hermann), Rosy (Elga Sorbas) resta con Franz (Harry Baer) per denaro" (Fassbinder). Questo sistema fatto di relazioni complementari e mutevoli è scosso nel suo precario equilibrio dall'entrata in scena di un operaio immigrato, "un vero greco di Grecia", di nome Jorgos (Fassbinder), che affitta una camera da Elisabeth. Il rifiuto "istintivo" dello straniero, unito all'attrazione sessuale per l'uomo del sud, ritenuto più virile, consolidano il gruppo da cui la sola Marie si estranea. La donna "esce" con Jorgos. Un giorno i quattro uomini pestano lo straniero sperando che "adesso certamente se ne andr`". Elisabeth però non vuole perdere un inquilino che sfrutta. Paul e Helga desiderano sposarsi, prima perché aspettano un figlio, poi nonostante l'aborto. Erich si arruola nell'esercito: "È meglio che andare a lavorare", dichiara. Non si sa cosa l'avvenire riservi a Jorgos e a Marie.


Katzelmacher è basato sull'omonima pièce teatrale che nella messinscena fatta dallo stesso Fassbinder nel 1968 all'Antiteater durava soltanto venti minuti. Il lavoro teatrale tratta esclusivamente il tema del greco, del "Katzelmacher" mentre non esiste (come nel film) la parte precedente l'arrivo dello straniero.
I personaggi si ritrovano sulla piazza del paese a gruppi la cui composizione muta incessantemente, circondano lo straniero, lo colpiscono e poi se ne vanno. La coreografia ha altrettanta importanza del linguaggio.
Quando, nel 1969 ho visto il film per la prima volta, l'ho trovato fiacco e astratto rispetto al lavoro teatrale. I motivi scenici sono sostituiti da una disposizione fissa. Pochi ambienti inquadrati sempre nello stesso modo: una ringhiera di fronte a una casa dove i personaggi si siedono in gruppi sempre diversi, il tavolo di una locanda, un cortiletto interno, alcune stanze tutte ammobiliate poveramente. L'ambiente non è quello di un paese, bensì una periferia, forse Giesing, un sobborgo di Monaco. I personaggi si esprimono con frasi fatte, raccontano "balle", cose da poter citare (la cosiddetta "lingua fassbinderiana" è qui al suo livello più puro, tanto da sfiorare l'autoparodia). "Da tutto ciò deriva un predominio quasi terroristico dell'inventario morto e della scenografia sui personaggi" (Peter W. Jansen in "Frankfurter Rundschau", 4 ottobre 1969), mentre sulla scena vuota la scenografia era costituita dai movimenti dei personaggi.
All'epoca sottoscrivevo l'opinione di Wim Wenders, il quale affermava che "ciò che è terribile in questo film e che non vi si senta assolutamente nessun desiderio. Il montaggio fa pensare ad un telespettatore che, in una sera di sabato, passa da un canale all'altro, cambiamento che però lo lascia soltanto più irritato e sconsolato. E il fatto che gli interpreti sembrino così incanagliti non è dovuto alla provincia che rappresentano ma, al contrario, alla trama aspra che preferirebbero di gran lunga recitare come marionette o come personaggi di fotoromanzi, ma con delle maschere sugli occhi, come le persone che non vogliono essere riconosciute sulle foto delle riviste. Non c'è tenerezza, dice uno dei personaggi del film. Solo Hanna Schygulla è una presenza viva in questo film di morti e sembra quasi di vederla a colori". ("Filmkritik", n. 12, 1969, p. 751 e sgg.). Rivedendo Katzelmacher nel 1974, mi è sembrato più interessante che non cinque anni prima; ciononostante è un film che non amo. Quello che comunica (o quantomeno a me è rimasto impresso) è un senso di rabbia incredibile. Quei suoi personaggi così freddi e così privi di amore, con il loro linguaggio impotente e i loro atti violenti quando non sanno più come esprimersi sono al limite della loro coscienza, nonché della loro autocoscienza. Nelle diverse inquadrature, e nel film in generale, c'è l'accenno a qualcosa che non viene fuori: il film non esplode mai. Anche quando gli uomini pestano il greco, non si ha l'impressione che si tratti di una liberazione (sia nel contesto dell'azione sia per lo spettatore). Da ciò la rabbia fredda che comunica il film.
Che gli uomini dipendano gli uni dagli altri e che sfruttino tale condizione; che l'amore si trasformi in sfruttamento; che si possa comperare ogni cosa e che chi ha i soldi possa permettersi tutto (o quasi tutto); che gli uomini si alleino contro lo straniero, ma che lo lascino poi libero possibilmente per sfruttarlo (che sar` poi il tema principale di Angst essen Seel auf): queste sono intuizioni che mai sono state espresse con tanta violenza dal cinema tedesco.
Tuttavia non siamo certi dell'efficacia della dimostrazione: questi atteggiamenti, in effetti, sono presentati come casi stereotipati e non come risultato di un'esperienza. Se, al contrario, si prende la coppia Emmi/Ali di Angst essen Seele auf, si hanno dei personaggi più umani e articolati che testimoniano i progressi compiuti da Fassbinder come narratore che cerca di far riflettere il pubblico. Ho l'impressione che il successo riportato da Katzelmacher, proprio nel nord della Germania, sia dovuto soprattutto alla curiosa parlata bavarese dei personaggi.

Wilhelm Roth, "Tutti i film di Fassbinder", Ubulibri, 1983, pag. 64

Biografia

regista

Rainer Werner Fassbinder

Cast

& Credits

Regia, sceneggiatura, montaggio e scenografia: Rainer Werner Fassbinder (montaggio sotto lo pseudonimo di Franz Walsch).
Soggetto: dall'omonima pièce teatrale di Rainer Werner Fassbinder.
Assistente alla regia: Michael Fengler.
Fotografia (35mm, b/n): Dietrich Lohmann.
Assistente alla fotografia: Herbert Paetzold.
Musica: Peer Raben (dal Sehnsuchtswalzer di Franz Schubert suonato al piano da Peer Raben).
Suono: Gottfried Hüngsberg.
Interpreti: Hanna Schygulla (Marie), Rainer Werner Fassbinder (Jorgos), Lilith Ungerer (Helga), Helga Sorbas (Rosy), Doris Mattes (Gunda), Rudolf Waldemar Brem (Paul), Harry Baer (Franz), Hans Hirschmüller (Erich), Peter Moland (Peter), Hannes Gromball (Klaus), Irm Hermann (Elisabeth), Katrin Schaake (donna sulla Landstrasse).
Produzione: AntiteaterXFilm (Peer Raben).
Riprese: nove giorni nell'agosto 1969 a Monaco.
Costo: circa 80.000 D.M.
Prima proiezione: 8 ottobre 1969 al Festival di Mannheim.

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