Nazione: RFT
Anno: 1967
Durata: 95'


II fotografo Roger segue una donna, Laura, che ha visto su delle foto di un collega assassinato. La conosce, ha una relazione con lei e la coinvolge in un imbroglio micidiale, di cui è il marito della donna, Parrish, a reggere le fila.


Presso una parte della critica i film di Klaus Lemke hanno incontrato non soltanto una accoglienza amichevole (come era da aspettarsi), ma anche un giudizio entusiasta. P straordinario ciò che gli estimatori di Lemke riescono a trovare nei suoi film. Colpisce inoltre il tono intollerante, aggressivo, pregiudizialmente diffamatorio nei confronti dell'avversario in alcune recensioni ai film di Lemke. Viene da chiedersi perché questo atteggiamento elogiativosprezzate della critica si manifesta proprio nella discussione sui film di Lemke. Bisognerebbe forse sospettare che i giudizi straordinariamente positivi su Lemke sono in realt` una razionalizzazione di un certo tipo di esperienza cinematografica, che si può definire con i concetti di suggestione, fascinazione, coinvolgimento, piuttosto che con le teorie sulle straniamento e sul superamento dei cliché attraverso la loro esasperazione. Si tratterebbe insomma di un'esperienza cinematografica che si muove a livello delle sensazioni. Io invece vorrei affermare che è del tutto possibile essere sensibili alle qualit` del film di Lemke indicandone tuttavia i limiti.
Ci si rende conto di quanto il linguaggio di Lemke sia vicino a quello dei film pubblicitari se, come se è accaduto a Berlino, si vede Negresco subito dopo uno short pubblicitario per la rivista "Constanze". Anche questo film un prodotto raffinato uscito dalla fabbrica del pubblicitario Hello Weber si serve di metodi sottili e indiretti. Non ricorre direttamente e ingenuamente al fascino di un ambiente esotico o mondano (esattamente come Lemke), ma piuttosto lo riduce in frammenti, ne estrae colori e forme in movimento, stimoli impressionistici; soprattutto, si basa sul ritmo di brevi sequenze di immagini. In questo film tutto è incredibilmente fresco, aperto, limpido e felice. Lo stile di questa pubblicit` si è accortamente adeguato alla percezione dell'arte moderna; o si dovrebbe dire che la percezione dell'arte moderna si è adeguata allo stile della pubblicit`? In ogni caso la parentela formale tra il film di Hello Weber e quello di Lemke è talmente evidente che la pubblicit` di "Constanze" appare, a posteriori, un buon riassunto di Negresco. Nelle interviste Lemke parla del proprio amore per il cinema americano. E l'influenza del cinema americano è sicuramente la chiave più importante per capire i suoi film. Ciò che affascina Lemke nel cinema americano è la funzionalit` del linguaggio, la razionalit` della struttura drammatica: "La compattezza di una scena, in cui ogni elemento è legato a un altro... Gli avvenimenti convergono su un punto, a partire dal quale si sviluppa la tensione". La narrazione ridotta all'estremo (per esempio in Howard Hawks) si ritrova anche in Acapulco o in Negresco: qui nessuna inquadratura è di troppo, nessun movimento è superfluo, la macchina da presa non si riposa mai su un'immagine decorativa, gli stacchi di montaggio avvengono durante un movimento, e comunque sempre quando la funzione e la necessit` di un avvenimento sono diventate evidenti; la laconicit` dello stile si impone anche ai dialoghi. In Negresco questo stile è perseguito ancora più coerentemente che in Acapulco. Da tutto ciò deriva la specificit` estetica che costituisce la "scrittura" di Lemke. Potrebbe essere paragonata, per esempio, a ciò che viene celebrato come "bellezza maschile" nei film di Hawks. Questa bellezza è equivalente a quella di un'automobile ben riuscita, a quella di un aeroplano o di un raffinato arrangiamento jazzistico. Ma si sa quanto siano discutibili quei film che, ad esempio, si deliziano nell'esaltazione della bellezza industriale e, poi, non prendono minimamente in considerazione il significato di ciò che viene rappresentato. E in questo contesto bisogna considerare ingenui i film di Lemke, nonostante la raffinatezza con cui sono in parte realizzati e nonostante la precisione con cui rielaborano la lezione americana. Invece di utilizzare la forma come mezzo per attivare lo spettatore, questi film si abbandonano alla gioia per la funzionalit` della rappresentazione, trascinandoli appresso un arsenale illimitato di situazioni e di personaggi banali, i cui elementi "sono trascinati di qua e di l` come marionette" (Zihlmann).
Ritorneremo ancora su questo aspetto del film di Lemke. Per intanto si può affermare che i film di Lemke possono essere considerati decorativi alla seconda potenza: essi sono sottomessi alla bellezza decorativa dello sviluppo drammatico, laddove non si tratta tanto delle associazioni e delle reazioni provocate nello spettatore da questo sviluppo, quanto piuttosto dal piacere estetico per la forma in cui è ricondotto lo sviluppo drammatico del film. Non è contraddittorio il fatto che Lemke, a volte, sottolinei in modo esplicitamente nondecorativo il contenuto di alcune inquadrature (per esempio le immagini di Acapulco); l'elemento decorativo, infatti, si esplicita al livello della struttura. (In Negresco la fotografia è di nuovo decorativa). L'effetto finale consiste nel fatto che Lemke trasporta i suoi spettatori in una sorta di felice eccitazione. Egli offre loro gli ingredienti della nostra civilt`, con i quali costruisce il suo universo (automobili, aeroplani, yacht, le quinte della vita mondana), presentandoli come frammenti eccitanti e, contemporaneamente, trasfigurandoli esteticamente. In questo modo egli trasforma l'attraente facciata di un'esistenza privilegiata (l'ambiente degli avventurieri e dei gangster d'alto bordo) in qualche cosa di elevato, di drammatico, di significativo. In questo senso l'immagine del mondo offerta dalla pubblicit` è simile a quella di Negresco. Lemke non cerca di vendere un determinato prodotto; eppure anch'egli esercita lo spettatore a considerare la vita come una serie di momenti eccezionali e eccitanti, preparandolo a ricevere i "messaggi", perché lo condanna a una totale passivit` e a un accordo definitivo con il mondo.
Dal film americano Lemke non ha ricavato soltanto le strutture formali, ma anche una certa tipologia. Particolarmente riconoscibile nei suoi film è il modello del cinema gangsteristico: per esempio nei ritratti di delinquenti eccentrici, nel clima di fatalit` che attraversa i film, nello stato d'animo di permanente incertezza che li contraddistingue. Ma nei film americani questi elementi hanno una funzione del tutto diversa. Il film gangsteristico era, secondo la definizione di Robert Warshow, un "No"" contrapposto al grande "Sì" stampigliato sulla cultura ufficiale. L'ambivalenza degli eroi gangster in film come Scarface o The Maltese Falcon indicava una provocazione polemica, una messa in discussione del moralismo asettico di molto cinema hollywoodiano. Nei film gangsteristici si articolava una critica indiretta ai fondamenti dell'"american way of life". Una tale funzione, proprio del cinema gangsteristico americano degli anni Trenta e, dopo la guerra, dei film noir, non esiste più nei film di Lemke; si è addirittura trasformata nel suo opposto. I gangster di Lemke non hanno nulla di inquietante; sembrano piuttosto delle figure familiari, come se gi` ci si desse del tu. Ciò accade perché il referente di Lernke (diversamente dagli sceneggiatori e dai registi dei film gangsteristici americani) non è la realt` americana, ma soltanto il cinema americano. In Lemke non vi è alcuna dialettica tra la realt` e il suo rispecchiamento (sia pure in forme tipiche e tradizionali), mentre proprio qui risiedeva la forza dei migliori film gangsteristici americani: le situazioni e i personaggi erano l'elemento prefabbricato, mentre i dialoghi e i gesti costituivano il fattore realistico. In Lemke si ha piuttosto l'impressione che tutto si sia risolto in un gioco astratto e autocompiaciuto, in un'oscillazione di elementi cinematografici staccati dal proprio contesto. Nel corso di questa metamorfosi è andato perduto l'elemento provocatorio che dimorava nei film americani.
La passione di Lemke per il cinema americano e per le sue costanti deriva, come è stato spiegato, da un atteggiamento anticulturale. È un'osservazione esatta. Un tale atteggiamento anticulturale contraddistingue oggi le più diverse correnti cinematografiche: unisce ad esempio gli esponenti del cinema underground di tutti i paesi e di tutti i continenti, per i quali ogni forma di "cultura cinematografica" (l'aura sacra che circonda i film di qualit`) è un orrore. Un tale atteggiamento anticulturale potrebbe avere un effetto liberatorio, se facesse si che le convenzioni ormai prive di senso venissero eliminate, che gli schemi narrativi venissero infranti, che nascesse un nuovo tipo di processo comunicativo tra l'autore e lo spettatore. Le opere dei registi underground americani e europei sono esempi di questo tipo. In Lemke invece l'atteggiamento anticulturale sembra condurre a un nuovo sistema culturale sostitutivo, cioè alla cultura degli stereotipi organizzati in modo nuovo. I film di Lemke non distruggono le convenzioni; invitano ad accettarle pacificamente. Il trionfo per essersi purificati da tutti i pericolosi residui della letteratura e per essersi espressi in forme "puramente cinematografiche", è in realt` l'espressione di una vittoria di Pirro. Infatti è bensì vero che Lemke ha eliminato ogni elemento "culturale" e "letterario", considerandolo un presunto corpo estraneo; in compenso però si ritrova rinchiuso in un sistema di riferimento autonomo e unicamente cinematografico che lascia fuori lo spettatore. Si dice che il film di Lemke mostrano i desideri nella loro vera natura, invitando alla disillusione. A prescindere dal fatto che Lemke si identifica del tutto apertamente con questi desideri (si osservi soltanto l'amorevole attenzione che dimostra in Acapulco per i rumori delle automobili), ciò costituisce la premessa per prendere alla lettera la descrizione cinematografica di questi desideri in misura ancora maggiore di quanto si possibile in base ai film stessi. Alla fine di Acapulco e di Negresco non vedo nessuna disillusione, perché i personaggi di Lemke fin dall'inizio sono soltanto astrazioni, fantasmi spostati a piacere sulla scacchiera della sua messa in scena. Anche il finale negativo è un elemento prevedibile, che tuttavia non produce assolutamente un effetto catartico. Interpretare i film di Lemke dal punto di vista del contenuto significa analizzare con attenzione la trama e i personaggi: eppure proprio questi film avrebbero dovuto contribuire al superamento di questo modo di analizzare il cinema.
Forse il modo migliore di interpretare i film di Lemke è quello di osservare la concezione della vita che in essi si esprime. L'ha formulata Lemke stesso: "Si viaggia per un po' e sostanzialmente si è di nuovo l` dove si è partiti: non cambia nulla". Nei suoi film resta traccia di questa idea dell'"essere sempre allo stesso punto" nonostante tutti gli sforzi in senso contrario: ma soltanto in parte, perché i finali, molto netti dal punto di vista drammatico, in realt` cambiano qualcosa.

Ulrich Gregor, da "Filmkritik", n. 4, 1968

Biografia

regista

Klaus Lemke

Cast

& Credits

Regia: Klaus Lemke.
Soggetto e sceneggiatura: Max Zihlmann, K. Lemke.
Assistente alla regia: Seigfried Hofbauer.
Fotografia (35mm, colore, panoramico): Michael Marszalek.
Montaggio: Renate Willeg.
Musica: Klaus Doldinger.
Suono: Günther Stadelmann.
Scenografia: Monica Kriger.
Interpreti: Ira von Fürstenberg (Laura), Gérard Blain (Roger), Serge Marquand (Borell), Paul Hubschmid (Parrish), Christa Linder (Anita), Ricky Cooper (Jeff), Volker Heim (Nicolas), Charly Kommer (Charles), Liddia Yadda (Lydia), Karsten Peters (Delloo), Halinka Toerek (Nadja), Werner Bokelberg, Eva Renzi, Errol Garner.
Produzione: Fior.
Produttore: Peter Berling.
Direttore di produzione: Peter Wortmann.
Ispettore di produzione: Jochin von Vietinghoff.
Riprese: Costa Azzurra, Pontresina, St. Moritz, Berlino, Monaco.
Prima proiezione: febbraio 1968.
Menu