Nazione: RFT
Anno: 1966
Durata: 92'


Due uomini vicini ai trent'anni sono coscienti del fatto che, ormai, devono dire addio, alla giovinezza. Tuttavia rifiutano il modo di vivere dei loro genitori, e lottano contro il conformismo. Uno dei due riesce a sfuggire alla vita tradizionale trasferendosi in Australia, l'altro si rifugia nel cinismo. In ogni caso i due uomini hanno capito che i tempi dell'indulgenza e della benevolenza sono ormai definitivamente tramontati insieme alla giovinezza.

Si inizia così: Schamoni, per caratterizzare plasticamente i propri personaggi, attribuisce loro una serie di attributi casuali, che prima definisce "tipici", e che poi raccoglie come prove: i piccoloborghesi, dice, sono fatti così e così, dunque sono uomini fatti così e così, cioè piccolo-borghesi. Le persone fatte così e così abitano in ville di campagna, dunque nelle persone che abitano ville di campagna non tutto può essere a posto. Chi schiaccia un pisolino sul sof` accanto al grande mobilegiradischi non può essere intelligente, ma i libri che giacciono sul pavimento sono stati sicuramente letti. Chi spara sulla selvaggina è capace di cose peggiori. Schamoni simula l'obbiettivit` nel momento in cui raccoglie le opinioni di certa gente su certa altra gente, senza rivelare da dove provengono queste opinioni o perché egli le accetta. Purtroppo, finché il risultato di questo modo di procedere corrisponde ancora ai pregiudizi correnti su ciò di cui parla, Schamoni può essere sicuro che gli verranno riconosciute tutte le qualit` che gli sono state riconosciute: sguardo penetrante, schiettezza, realismo, incorruttibilit`, ricerca del particolare significante, una mano sicura e così via. Bisogna però dire che il procedimento in sé è negativo, a prescindere dal risultato cui può condurre, perché nei film realizzati in questo modo si rispecchia un'idea totalitaria dell'arte.
Poi si continua così: Schamoni si appropria indebitamente di una parte del dialogo e dell'azione dei suoi personaggi, sminuendoli, per conservare una prospettiva di osservazione stile "buco della serratura": egli terrorizza i protagonisti del film per poterne ottenere un'opera equilibrata. Questo tipo di sfruttamento non è una sua invenzione: il brutto cinema, sedotto da una brutta letteratura, lo impiega gi` da tempo: basta rappresentare un ambiente in cui, secondo l'opinione comune, c'è qualcosa da criticare. Tale ambiente è preferibilmente quello piccolo-borghese; infatti che cosa sia "piccolo-borghese" lo sanno tutti coloro che non devono comprare i propri mobili in un grande magazzino e che gi` sanno che uno specchietto di vimini nel guardaroba e una lampada a forma di cono sono oggetti di dubbio gusto. Poi ci si prende la briga di scomodare quelle tautologie di cui si dice che sono riflessioni critiche e che svelano il vero aspetto di ciò che viene mostrato. La riuscita dell'operazione consiste nella precisione con cui si fanno le pulci a un certo ambiente, secondo quanto previsto, e nell'acutezza con cui si osserva ciò che è stato costruito da sé, ma di cui si dice che sia stato preso dalla vita reale. In una breve inquadratura Schamoni sbircia alle spalle la ragazza di cui parla, guardando il suo calendario tascabile. L'inquadratura è disonesta non perché è priva di ambiguit`, ma perché lo è troppo poco. Nella sua occasionalit` conferma il pregiudizio secondo cui la prevenzione delle nascite è una cosa equivoca, che va praticata in modo furtivo, di cui è lecito parlare soltanto al riparo da sguardi indiscreti. Non è disonesto ciò che viene mostrato, ma il gesto con cui viene mostrato. Bisogna osservare che, aldil` della morale di un'opera, è decisiva la sua forma e non la sua conclamata virtù. Gli esteti del cinema, con cui Schamoni non vuol essere confuso, fanno film più morali di coloro cui è indifferente il modo in cui parlano gli uomini, perché l'importante è che le inquadrature illustrino con precisione i loro pregiudizi. Infine il film finisce così: Schamoni fa strisciare il suo operatore sotto il tavolo, come se l` le cose fossero più importanti che in qualsiasi altro luogo della stanza che ha fatto costruire. Egli mette in scena ciò che vuol rendere disprezzabile, senza rendersi conto che, così facendo, rende innanzitutto disprezzabile ciò che ha messo in scena; come un piccolo-borghese, parla dei piccoliborghesi, e duplica così ciò che finge di criticare.

Uwe Nettelbeck, da "Film", n. 8/1966



Schamoni non prende sul serio i suoi personaggi, come se si trattasse di uomini veri, ma prende sul serio le caricature in cui li ha costretti. Con questo metodo troppo facile si trova allo stesso livello di innumerevoli prodotti "artistici" tedeschi, che credono di dover sfornare affermazioni generali su dio e sul mondo per sembrare impegnati. Si può rilevare e criticare questo errore cardinale del film (anche Schlöndorff vi è caduto, Straub no) senza perciò buttar via il bambino con l'acqua sporca. Non vanno dimenticate le qualit` di questo film. Infatti Schonzeit für Füchse è il primo film del nuovo cinema tedesco di fronte a cui la parola "dilettantismo" può finalmente essere dimenticata. L'artigianato non è tutto, anche se costituisce l'ineliminabile base di partenza di ogni attivit` cinematografica; Schamoni ha dimostrato con Schonzeit für Füchse di saper dirigere ottimamente tanto gli attori quanto la macchina da presa. Nessuna carrellata e nessun movimento di macchina sono di troppo, non si gioca con le dissolvenze, ma si lavora in modo sensato. A Schamoni regista è riuscito ciò che non è riuscito a Schamoni autore: un rapporto perfetto con la materia.

Eckhart Schmidt, da "Süddeutsche Zeitung", 14 luglio 1966

Biografia

regista

Peter Schamoni

Cast

& Credits

Regia: Peter Schamoni.
Soggetto: dal romanzo "Das Gatter" di Günter Seuren.
Sceneggiatura: G. Seuren.
Assistente alla regia: Heide Genée.
Fotografia (35mm, b/n): Jost Vacano.
Assistente alla fotografia: Nicole Majdak.
Montaggio: Heidi Rente [Heidi Genée].
Musica: Hans Posegga.
Suono: Karl Langer.
Scenografia: Gabriel Pellon.
Interpreti: Helmut Förnbacher (lui), Christian Doermer (Viktor), Andrea Jonasson (Clara), Monika Peitsch (Lore), Edda Seipel (madre di Clara), Helmuth Hinzelmann (padre di Viktor), Willy Birgel (cacciatore), Suse Graf (madre di Viktor), Alexander Golling (uno zio), Nina Stepun (ballerina), Erna Haffner (redattrice), Hans Posegga.
Produzione: Peter Schamoni Fihnproduktion, (Monaco).
Direttore di produzione: Hans von der Heyd.
Ispettore di produzione: Csabe Ferenczy.
Prima proiezione: 28/6/1966 al Festival di Berlino
Orso d'argento alla Berlinale 1966; 3 Bundesfilmpreise.

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