Nazione: RFT
Anno: 1966
Durata: 104'


Georg Maltus si reca a Monaco dalla sua cittadina natale per far carriera come redattore: il suo amico Amann gli fa fare il manager di Kim Calder, un cantante di musica leggera che vive vicino a una palude alle porte della citt`, attorniato da capelloni, piccoli azionisti della ditta da lui fondata a scopo pubblicitario, la "Wilder Reiter GmbH". Kim cerca in ogni modo di farsi notare: cavalca per la citt` vestito da cowboy, finge di salvare una monaca dalle acque della palude dopo avervela spinta e ottiene così, con l'aiuto di Georg, il successo sperato. Georg prende come segretaria Tanja, per salvarla dalla prostituzione, ma questa si mette con Kim, che ha inscenato anche un rapimento come nuova trovata pubblicitaria. Incollerito con Whitey, uno dei suoi galoppini, Kim lo colpisce con un ferro di cavallo e lo uccide. Sebbene controvoglia, anche Georg dichiara che si è trattato di un incidente. Tanja ora vuol mettersi con un grande produttore americano, che vuole ingaggiare Kim. Georg se ne va, inseguito dagli alani di Kim.


Spieker esplicita ciò che dopo i film di Kluge, di Peter e di Ulrich Schamoni si poteva soltanto intuire. Le immagini della realt` che egli comunica sono estremamente stilizzate. Ma non ci troviamo di fronte a un surrogato della letteratura, a un "cinema d'autore" in cui lo scrittore usa la macchina da presa invece della penna. Cercando una nuova formula si potrebbe ben dire "cinemacinema": infatti i film di oggi mostrano movimenti ricavati dal movimento (categoria temporale) della realt`. Nell'opera prima di Spieker, un'interessante satira sociale, c'erano due possibilit`: o questa satira affondava nel grottesco, con battute slegate l'una dall'altra, oppure invece riceveva una forma compiuta legandosi all'invadente ragione dell'irrazionale: soltanto così la satira diventa morale. Bergman, Buñuel, Fellini hanno mostrato come si può dare con il cinema una forma all'irrazionale: con le immagini. E non è un caso che proprio i simboli di questi tre registi siano utilizzati spesso da Spieker, sia pure con intenzione parodistica. (...)
Soltanto chi riesce a vedere l'enigmaticit` dietro una satira condotta spesso in modo turbolento, potr` capire perchè e in quale occasione il regista cita la storia del cinema. Le allusioni a Giulietta degli spiriti di Fellini, allo sgabuzzino simbolico di Bergman, ai simboli animali di Buñuel, ma anche a numerosi film commerciali, mostrano un rapporto per così dire riflesso tra questo giovane regista e il suo lavoro, e colpiscono lo spettatore seduto in sala con la loro esagerazione comico-satirica. Tutti soccombono ai richiami e all'aggressione del "cavaliere selvaggio". Le "reazioni" difensive della critica non possono cambiare nulla. Depone a favore di questa prima satira cinematografica tedesca il fatto che incontri spesso un rifiuto indignato: dunque colpisce con precisione il proprio obiettivo. Non cambia la situazione neanche il fatto che Spieker non sempre si mantenga allo stesso livello, e che a volte ricorra a battute troppo logore e a frecciate imprecise. Può sempre salvarsi con la sua idea complessiva. E questa è corretta.

Bernhard Frank, da "Frankfurter Allgemeine Zeitung", 1 febbraio 1967


Così come Spieker crea immagini che ricordano il western americano, o modi di dire tratti dai film polizieschi, allo stesso modo egli crea delle sequenze che ricordano quei foglietti colorati con figure sacre che vengono distribuiti nelle scuole cattoliche come ricompensa per una buona condotta: sul cavallino di Kim cavalca MarieLouise, guidata da Whitey, in controluce attraverso il bosco, simile alla madre di dio, guidata da Giuseppe. Sono immagini amichevoli, quasi nostalgiche: il film di Spieker è tanto poco un film contro la chiesa, quanto poco lo è contro Hollywood o contro l'industria del bestseller o contro l'idea della pubblicit` che domina il "cavaliere selvaggio". Alla domanda se si possa tranquillamente rapire una suora, e se la suora se ne verrebbe tranquillamente via, Spieker fa rispondere a Whitey che non ci sono problemi, e che si dovrebbe soltanto riflettere in termini psicologici; al buon parroCo mette in bocca la sentenza secondo cui su questa terra il dolore ha il vantaggio èi rafforzare la fede degli uomini, e glielo fa dire al capezzale di Kim, che non è per nulla malato, ma finge soltanto. Qui in realt` non si nasconde nessun messaggio estrapolabile dal contesto del film e dalle sue immagini, perché Spieker non illustra dei pensieri, ma pensa in immagini.

Uwe Nettelbeck, da "Die Zeit", 13 gennaio 1967

Biografia

regista

Franz-Josef Spieker

Cast

& Credits

Regia, soggetto e sceneggiatura: Franz-Josef Spieker.
Assistente alla regia: Hans Jürgen Tögel, Harmut Kirsche.
Fotografia (35mm, b|n): Wolfgang Fisher.
Montaggio: Barbara Mondry.
Musica: Erich Ferstl.
Suono: Jorg SchmidtReitwein.
Scenografia: Maleen Pacha, Ingo Tögel.
Interpreti: Herbert Fux (Kim), Bernd Herzprung (Georg), Chantal Cachin (Tanja), Rainer Basedow (Whitey), Ellen Umlauf (cantante d'opera), Marthe Keller (monaca), Karin Feddersen (Uschi), Klaus Holme (Amann), Ernst Ronnecker (Parroco), Ekkehard Aschauer [Philipp Sonntag] (Walter), Laurens Straub (Castro), Kennet Scott (Gene), Johannes Buzalski (Pimo), Paul Luotto (Mr. Ribbs), Hertha von Walter, Maria Winne, Tilo Prilekner, Horst Pasderski, Monika Zinnenberg, Bernhard Wicki.
Produttore: Horst Manfred Adloff.
Direttore di produzione: Peter Genée.
Prima proiezione: 12/1/1967
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